Una storia di Natale

 


Luca era lì.
Tra quei due vicoli che incrociandosi formavano un angolo.
Il "suo" angolo.
Da quanto tempo quello era "il suo luogo"?
Quello che ormai rappresentava la sua casa, il suo rifugio, il suo TUTTO?
Si sentiva al sicuro lì.
Paradosso? Illusione?Autoinganno?
No. Assolutamente no.
Era la sua realtà.
Perché lui, lì , conosceva tutti.
E tutti lo conoscevano.
E lo salutavano: con un cenno, con un sorriso, con un ciao.
Qualcuno più premuroso si fermava perfino per chiedergli: "come va Luca, tutto bene?"
Oppure gli portavano un panino.
Una volta perfino un thermos con tanto caffè bollente, e quel buon aroma si diffondeva nell'aria e nel cuore.
E si sentiva rinascere.
Non è tutta cattiva la gente, pensava Luca.
La "gente" è un termine troppo generico, astratto, che non individua nessuno in particolare.
Solo un insieme di persone.
Tutte diverse.
Tutte con caratteristiche individuali. Tutte uniche nella propria unicità.
Ci sono gli allegri, i solari, gli empatici.
Poi il contrario: quelli che appaiono sempre un po' freddi, distaccati, dall'espressione sempre annoiata.

Li sapeva riconoscere al volo Luca!
Dopo tutti quegli anni passati lì, in quel tempo senza tempo, in quel luogo non luogo.
Per gli altri era questo.
Per lui, invece, l'unica verità.
Li sapeva individuare con l'assoluta certezza di non sbagliare.
Quell'angolo era occupato, in estate, da una coperta leggera, variopinta, sfrangiata ai lati, che mostrava il segno del tempo.
E aveva anche un bel cuscino, a coronare il tutto, di un blu notte ormai stinto.
Dono di uno dei suoi affezionati passanti.
Quelli che, per andare al lavoro, ogni giorno passavano davanti a lui.
E dato che lui era in quell'angolo tra due vicoli, c'era chi svoltava a destra e chi a sinistra.
D'inverno invece era tutto più difficile.
Aveva tanti di quegli strati addosso di maglioni di vario peso, di giacche enormi per fare entrare i maglioni, e sciarpe con il fondo sempre un po' sfilacciato, da sembrare un pupazzo di neve.
Anche se, della neve, aveva solo il gelo del viso, e delle mani rugose arrossate dal freddo.
Non tanto lontano da lui c'era una donna con una sorta di cilindro di rame che partiva da terra, e a chiudere il cilindro una piastra piena di buchi da cui s'intravedeva il bagliore dei carboni accesi.
Sopra quella piastra versava manciate di castagne.
Era una venditrice di caldarroste!
Al pomeriggio c'era la fila di bambini e genitori per acquistare quel frutto invernale che riempiva la bocca di calore.
Allora lei prendeva un bel quadrato di robusta carta gialla, lo arrotolava, formando così un cono che riempiva di quelle delizie.
Spesso Marta, era questo il nome della donna, a fine giornata regalava a Luca uno dei quei coni profumati.
E quel frutto gli scaldava il cuore e la pancia.
Sono fortunato, si diceva Luca.
Ho persone che mi sono affezionate, che hanno sempre un pensiero per me: sì, sono proprio fortunato!
E dagli occhi segnati ma pieni di luce scendeva qualche lacrima, per quella felicità che saliva dal cuore.

Era quasi Natale.
Luca decorava sempre quel suo angolo: tirava fuori quel piccolo abete finto e spelacchiato, con quei pochi aghi rimasti.
Poi gli avvolgeva attorno un lungo filo argentato che un'anziano signore, a ogni Natale, non scordava mai di portargli.
Infine con una carta stagnola costruiva una buffa stella, che forse aveva più punte del necessario.
Era felice Luca.
Il Natale gli faceva nascere una stella anche nel cuore.
Non era di stagnola quella, ma come brillava!
Forse la cometa gli era entrata nell'anima mentre dormiva con la bocca aperta: pensava così Luca.
Era la Vigilia.
Il giorno dopo, a Natale, Marta sarebbe passata a prenderlo per il "Grande Pranzo".
Si raggomitolò dentro i suoi tanti strati che lo proteggevano dal freddo della notte.
Così avvolto, quasi racchiuso in una posizione fetale come fanno i bambini.
La mattina dopo, uno scampanio dove i batacchi percuotevano frenetici contro l'interno delle campane, annunciavano l' inizio della Festa più bella dell'anno.
Marta arrivò, trafelata e felice.
Luca era lì.
La posizione del corpo identica a quando si era addormentato.
Lo toccò piano, con estrema delicatezza.
Capì subito che il freddo di quel viso era qualcosa di più, di troppo, di diverso da quello di una notte seppur trascorsa all'addiaccio.
Se n'era andato così Luca.
Con un lieve sorriso a rischiarare e distendere il viso.
Con la stessa discrezione con il quale era vissuto.
In silenzio.
Con rispetto.
Senza disturbare.
Un ragazzo che tornava a casa, quella notte, raccontò che era certo di avere visto una luce uscire dalla bocca socchiusa dell'uomo.
Che si era perfino fermato, pensando che forse, con gli amici, aveva bevuto una birra di troppo.
Eppure, ripensandoci, quella luce l'aveva vista, non aveva dubbi: era luce.
Una lieve scia di polvere di stelle, simile a quella che aveva visto uscire dalla bacchetta magica di Campanellino, nel cartone animato di "Peter Pan".
E volava su su, quella scia di luce, in alto, verso un cielo limpido, di un blu intenso, profondo.
Avrebbe trovato il "suo luogo" anche lì Luca.
Magari tra due stelle: sarebbe stato quello il suo nuovo "angolo".
Un angolo nel cielo.
Il più magico che avesse mai abitato.

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