Solitudine e difficoltà di comunicare. I sogni che rivelano
Lei era lì, ai piedi della scala tesa verso la luna, una luna che sembrava galoppare tra nuvole immobili.
In realtà lo sapeva che era il contrario.
Che la luna rimane ferma.
Che erano le nubi spinte dal vento, a muoversi e a "galoppare".
Ma quel suo guardare era sempre guidato dagli occhi della sua mente, di quei suoi pensieri simili a un vortice che inghiottiva la realtà, modificandola in qualcosa che desse il senso del magico.
Quella magia di cui era alla continua ricerca.
Sì arrampicò febbrilmente, saltando nella foga dell'ansia, i primi gradini.
E salì.
Salì finché le mancò il respiro.
Sì arrestò per riprendere fiato.
Guardò giù.
La base della scala non si vedeva tanto era lontana da terra.
Poi guardò verso l'alto.
Sopra di lei la scala si elevava all'infinito, su su, bucando le nuvole, perforando quel blu trapunto di stelle.
Dritta fino alla luna saliva la scala.
Una luna che saliva ancora, al di là delle stelle, infinitamente lontana. Remota.
E irraggiungibile.
........
Mi sono svegliata di colpo, fradicia di sudore.
Buffo questo sogno ho pensato.
Colpa forse del racconto di Miller , lasciato a metà prima di spegnere la luce?
Ero io.
Ma sì... certo: ero io ai piedi della scala!
Io così lontana dal disco argenteo.
Io così lontana da tutto.
Così lontana dagli altri.
Mi rendo conto che quanto più vorrei comunicare le mie emozioni, tanto più le parole -partite con troppo slancio- si frantumano come schegge di cristallo, per poi polverizzarsi.
E disperdersi nel vento.
Perciò rimango in silenzio.
Qualcuno ha scritto:
" a volte il silenzio non è assenza di dolore ma il suo grido più forte".
Ci rifletto, ma ...no!
Non è il mio caso.
No. Il mio silenzio non è mai un grido di dolore.
È consapevolezza di una incapacità di dire ciò che si agita giù, in fondo, nel punto più fondo.
Il più remoto della mia anima.
Con le sue emozioni più nascoste.
Forse quella Luna così lontana e irraggiungibile era la mia anima.
Inarrivabile non solo agli altri ma anche a me stessa.
Allora meglio il silenzio.
Non si comunica niente, è vero, ma non si sbaglia.
E non vedi lo sguardo dell'altro che non comprende: spesso assente, altre annoiato, a volte perfino insofferente.
Il linguaggio del silenzio l'ho imparato da bambina.
Funambola per amore dell'equilibrio.
A volte mi sembra di dover avere più occhi che due, più cuori che uno.
Gente come me non ha terra.
Sto con una mia idea di mondo chiusa nel cuore.
Un po' zingara per tutta la vita.
Vorrei trovare un compagno di viaggio, un numero primo gemello, per attraversare insieme questo muro.
Questo confine denso e vischioso che mi separa, che mi impedisce di essere veramente "nel mondo", e non solo di adeguarmi per necessità.
Era questo che pensavo.
Una volta ho creduto di trovarlo.
Aveva attraversato le mie acque e io le sue.
Due isole sconosciute.
.....
-" sciocchezze, di isole sconosciute non ce ne sono più.
Sono tutte sulle carte" disse il Re.
-" no, sulle carte ci sono solo le isole conosciute" rispose l'esploratore.
-" e qual'è quest'isola sconosciuta di cui volete andare in cerca?".
-" se ve lo potessi dire, non sarebbe più sconosciuta".
.....
Ho letto questo dialogo in un piccolo libro di cui non ricordo il titolo, molto tempo fa.
Ricordo che mi colpì, perché, per qualche verso, è quell'isola che riconoscevo nella ricerca di me stessa e dell'altro da me.
In cui MI riconoscevo.
Io, quell'isola che non c'è.
La riconoscevo come ricerca di quel qualcosa che non riuscivo mai a trovare.
E poi la riconoscevo come mia identità.
Identità di un qualcosa che non viene mai veramente raggiunta.
Da ragazzina credevo che dormire accanto a qualcuno - così vicino da diventare la sua ombra- si potesse finire a riprodurre dentro di sé la sua anima.
Con l' assorbirne tutte le sue ombre, le sue paure, quelle che di notte di solito riposano.
O dovrebbero riposare.
Questo mi terrorizzava al punto che cercavo di dormire sempre sola.
O se dovevo dormire con qualcuno, mi spingevo fino alla sponda estrema del letto.
Eppure vorrei tanto, ancora oggi, realizzare nella vita un rapporto vero, e tuttavia "leggero".
Libero da condizionamenti, libero da convenzioni, libero da pregiudizi, libero da diffidenze.
E da pavidità.
.....
L' Isola sconosciuta prese infine il mare, alla ricerca di sé stessa.
......
CONSIDERAZIONI.
Il sogno, il racconto, la consapevolezza del suo significato, è assolutamente reale.
Posso assicurarlo con certezza perché è una narrazione che mi appartiene.
Se vogliamo usare un termine immediatamente comprensibile è: "autobiografico".
È una problematica che ho superato, soprattutto con il tipo di studi che ho intrapreso, con la pratica della professione, ma -prima ancora- con la determinazione, che è volontà, di vincere quel senso di solitudine che ritenevo non poter essere comprensibile agli altri. Soprattutto, neppure a me stessa.
La cosa che ho imparato, come condizione imprescindibile, è che per avere una vera e leale condivisione con l'altro, bisogna accostarsi esclusivamente alle persone giuste.
Le persone giuste sono quelle dotate di sensibilità, di empatia, di disponibilità, di voglia di esserci per te, senza giudizio.
Tutto ciò che è racchiuso in un unico termine: "FIDUCIA" .
Con tenacia ho camminato la mia strada, fino in fondo.
Ce l'ho fatta: sono migliorata tantissimo.
Da questo la scelta della mia professione: aiutare gli altri a camminare la loro strada.
Nel prossimo post riprenderò questa tematica che, al giorno d'oggi, riguarda più persone di quanto non si immagini.
In primo luogo i giovanissimi.
.......
Non perderti gli altri post del nostro Blog, clicca su "segui" alla Home Page e diventa un nuovo follower!

Mi identifico tantissimo con questa disamina davvero profonda ma diretta e reale. L'energia delle persone intorno a noi può avere un enorme influsso sulla nostra vita che credo essere solo una somma di quello che decidiamo vibri nel nostro spazio. La solitudine penso che a volte sia una risposta necessaria ad ambienti ostili in cui non sentiamo risonanze. Sempre un piacere leggerti.
RispondiElimina