Quell'assoluto degli amori che non si consumano
"Contessa che è mai la Vita?
È l'ombra di un sogno
fuggente.
La favola breve è finita,
il vero immortale è l'Amor."
È un brano della poesia "Jaufré Rudel" scritta da Giosuè Carducci.
La storia è quella di un amore estremo, satura di romanticismo, che tocca -o almeno dovrebbe- perfino l'animo dell'essere più cinico al mondo riguardo a questo sentimento che fa sognare.
L'amore di Jaufré è quello più raro al mondo, quello di chi ama sapendo che non avrà nulla in cambio, nessuna "restituzione" come si dice in psicologia.
Ma questo non diminuisce, non spegne, non attenua nulla di questo sentimento che vive in lui, "dentro", nel cuore del suo cuore.
Anzi, lo "accende" sempre più, alimentandolo fino alla più tragica conseguenza.
Vi narro brevemente la sua storia?
Allora eccola!
Geoffrey Rudel (1125-1148) era un uomo gentile, romantico, nobile, Principe di Blaia, ma soprattutto nobile nel cuore, e principe nel Regno di quel suo sentimento.
Sì innamorò della Contessa di Tripoli senza averla mai vista, ma solo per la dolcezza, la grande cortesia, l'anima bella, che aveva sentito di lei dai pellegrini che tornavano da Antiochia.
Per la volontà dettata da questo desiderio totalizzante di vederla, si mise in viaggio attraversando il mare infinito.
Viaggio che, in quell'epoca, era un'avventura con estreme difficoltà da affrontare.
Ma non furono le onde infide e impetuose di quel mare a fermarlo, né la fragilità di una imbarcazione a quei tempi poco resistente.
No, durante il viaggio Jaufré si ammalò gravemente, e i suoi seguaci lo credettero perso.
Fecero l'impossibile per poterlo condurre fino a Tripoli, e riuscirono nell'intento.
Avvisarono la Contessa che, al racconto, venne al suo capezzale.
E lo prese tra le braccia.
Quando, in un momento di lucidità, Jaufré apprese che era Lei, l'agognata contessa del suo sogno, ringraziò Dio per averlo tenuto in vita fino a quel momento, esaudendo così il suo più grande desiderio.
E morì tra quelle braccia.
L'amore che non chiede niente, la lunga attesa, il primo e ultimo bacio, poi la morte.
Come fa spesso il Fato un po' beffardo, quel Fato Bambino spesso crudele e un po' capriccioso di cui vi ho già parlato in un altro post, arriva quando hai "sfiorato" quella "cosa" che era tutto ciò che volevi.
Una cosa piccola...
o in realtà immensa?
................
Ecco, vi ho sintetizzato in maniera forse eccessiva, per narrare qualcosa di così grande.
Il motivo è che non volevo appesantirla di parole inutili, togliendo Magia a un sentimento immenso.
Racconto che però potrete ritrovare nella poesia integrale di Giosuè Carducci.
Perché vi ho riportato questa storia, e soprattutto la frase a mio avviso più bella della poesia che la ricorda?
Ecco, non so esattamente... forse perché stavo riflettendo su come la maggioranza delle persone, oggi giorno, vivono questo sentimento fatto di contrasti: di delicatezza, come se il cuore fosse rivestito della seta più preziosa, e un istante dopo di fuoco, che brucia quella stessa seta per fare ardere quello stesso cuore.
Ma non è più così
In una realtà dove l'amore, oggi, è solo possesso.
Possesso dell'altro come di una qualunque altra proprietà.
Una proprietà che magari, fino al momento in cui non rischi di perderla, hai trascurata, o dai per scontata, oppure fai soffrire per negligenza, o quell'indifferenza che diventa solitudine per l'altro.
E quella solitudine che si procura all'altro, è crudeltà.
L'altro che tieni come un "cappotto nell'armadio", uno di quelli che non usi più ma che non vuoi dare via.
Ma se rischi di perderlo... oh, ecco che ritorna irrinunciabile!
Gli ormai innumerevoli femminicidi di cui ogni giorno si ha notizia, sono la dimostrazione di questo meccanismo perverso.
Un vero bollettino di guerra quel senso di possesso che uccide.
Quello che spesso un uomo scambia per virilità offesa.
E l'amore?
Quello di Rudel dico.
L'unico vero immortale in una Vita che è solo un fuggevole sogno!
Una favola breve, che finisce presto, e quasi mai con quel "...e vissero felici e contenti per tutta la vita."
E mi chiedo perché.
Perché quell'amore totalizzante ha ceduto il passo a quel "mordi e fuggi" di cui sempre più spesso sono costituite le storie.
Quelle storie di cui non ti rimane niente.
Niente "dentro" intendo.
In quel fondo più profondo dell'anima non rimane nulla.
Tutto finito, zero. È così?
Allora penso che "quell'ombra di un sogno fuggente" che è la Vita, bisognerebbe renderla eterna impregnando quel cuore di amore come fosse una spugna.
Una spugna che però, a differenza di quelle che si trovano attaccate agli scogli, giù giù, nella profondità del mare, sa trattenere ciò che assorbe.
Trattiene senza rilasciare.
Perché se rilascia, se rigetta fuori ciò che ha trattenuto, poi rimane asciutta, inutile, sterile, e seccandosi, diventa polvere.
E la stessa cosa avviene nell'essere umano, in quel suo "dentro".
La differenza è che lui, molte volte, quando ciò che in lui era amore immortale diventa polvere, non se ne accorge.
E se se ne accorge, la soffia via dal cuore.
Perché in fondo, la vita, è solo
"l'ombra di un sogno fuggente" e non ci si può fermare, ma rincorrere un altro amore.
Mi manchi Jaufré Rudel.
È l'ombra di un sogno
fuggente.
La favola breve è finita,
il vero immortale è l'Amor."
È un brano della poesia "Jaufré Rudel" scritta da Giosuè Carducci.
La storia è quella di un amore estremo, satura di romanticismo, che tocca -o almeno dovrebbe- perfino l'animo dell'essere più cinico al mondo riguardo a questo sentimento che fa sognare.
L'amore di Jaufré è quello più raro al mondo, quello di chi ama sapendo che non avrà nulla in cambio, nessuna "restituzione" come si dice in psicologia.
Ma questo non diminuisce, non spegne, non attenua nulla di questo sentimento che vive in lui, "dentro", nel cuore del suo cuore.
Anzi, lo "accende" sempre più, alimentandolo fino alla più tragica conseguenza.
Vi narro brevemente la sua storia?
Allora eccola!
Geoffrey Rudel (1125-1148) era un uomo gentile, romantico, nobile, Principe di Blaia, ma soprattutto nobile nel cuore, e principe nel Regno di quel suo sentimento.
Sì innamorò della Contessa di Tripoli senza averla mai vista, ma solo per la dolcezza, la grande cortesia, l'anima bella, che aveva sentito di lei dai pellegrini che tornavano da Antiochia.
Per la volontà dettata da questo desiderio totalizzante di vederla, si mise in viaggio attraversando il mare infinito.
Viaggio che, in quell'epoca, era un'avventura con estreme difficoltà da affrontare.
Ma non furono le onde infide e impetuose di quel mare a fermarlo, né la fragilità di una imbarcazione a quei tempi poco resistente.
No, durante il viaggio Jaufré si ammalò gravemente, e i suoi seguaci lo credettero perso.
Fecero l'impossibile per poterlo condurre fino a Tripoli, e riuscirono nell'intento.
Avvisarono la Contessa che, al racconto, venne al suo capezzale.
E lo prese tra le braccia.
Quando, in un momento di lucidità, Jaufré apprese che era Lei, l'agognata contessa del suo sogno, ringraziò Dio per averlo tenuto in vita fino a quel momento, esaudendo così il suo più grande desiderio.
E morì tra quelle braccia.
L'amore che non chiede niente, la lunga attesa, il primo e ultimo bacio, poi la morte.
Come fa spesso il Fato un po' beffardo, quel Fato Bambino spesso crudele e un po' capriccioso di cui vi ho già parlato in un altro post, arriva quando hai "sfiorato" quella "cosa" che era tutto ciò che volevi.
Una cosa piccola...
o in realtà immensa?
................
Ecco, vi ho sintetizzato in maniera forse eccessiva, per narrare qualcosa di così grande.
Il motivo è che non volevo appesantirla di parole inutili, togliendo Magia a un sentimento immenso.
Racconto che però potrete ritrovare nella poesia integrale di Giosuè Carducci.
Perché vi ho riportato questa storia, e soprattutto la frase a mio avviso più bella della poesia che la ricorda?
Ecco, non so esattamente... forse perché stavo riflettendo su come la maggioranza delle persone, oggi giorno, vivono questo sentimento fatto di contrasti: di delicatezza, come se il cuore fosse rivestito della seta più preziosa, e un istante dopo di fuoco, che brucia quella stessa seta per fare ardere quello stesso cuore.
Ma non è più così
In una realtà dove l'amore, oggi, è solo possesso.
Possesso dell'altro come di una qualunque altra proprietà.
Una proprietà che magari, fino al momento in cui non rischi di perderla, hai trascurata, o dai per scontata, oppure fai soffrire per negligenza, o quell'indifferenza che diventa solitudine per l'altro.
E quella solitudine che si procura all'altro, è crudeltà.
L'altro che tieni come un "cappotto nell'armadio", uno di quelli che non usi più ma che non vuoi dare via.
Ma se rischi di perderlo... oh, ecco che ritorna irrinunciabile!
Gli ormai innumerevoli femminicidi di cui ogni giorno si ha notizia, sono la dimostrazione di questo meccanismo perverso.
Un vero bollettino di guerra quel senso di possesso che uccide.
Quello che spesso un uomo scambia per virilità offesa.
E l'amore?
Quello di Rudel dico.
L'unico vero immortale in una Vita che è solo un fuggevole sogno!
Una favola breve, che finisce presto, e quasi mai con quel "...e vissero felici e contenti per tutta la vita."
E mi chiedo perché.
Perché quell'amore totalizzante ha ceduto il passo a quel "mordi e fuggi" di cui sempre più spesso sono costituite le storie.
Quelle storie di cui non ti rimane niente.
Niente "dentro" intendo.
In quel fondo più profondo dell'anima non rimane nulla.
Tutto finito, zero. È così?
Allora penso che "quell'ombra di un sogno fuggente" che è la Vita, bisognerebbe renderla eterna impregnando quel cuore di amore come fosse una spugna.
Una spugna che però, a differenza di quelle che si trovano attaccate agli scogli, giù giù, nella profondità del mare, sa trattenere ciò che assorbe.
Trattiene senza rilasciare.
Perché se rilascia, se rigetta fuori ciò che ha trattenuto, poi rimane asciutta, inutile, sterile, e seccandosi, diventa polvere.
E la stessa cosa avviene nell'essere umano, in quel suo "dentro".
La differenza è che lui, molte volte, quando ciò che in lui era amore immortale diventa polvere, non se ne accorge.
E se se ne accorge, la soffia via dal cuore.
Perché in fondo, la vita, è solo
"l'ombra di un sogno fuggente" e non ci si può fermare, ma rincorrere un altro amore.
Mi manchi Jaufré Rudel.
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