Viaggio alla ricerca del senso della Vita


Angi si guardò allo specchio.
Era tanto che non lo faceva.
L'ultima volta che l'aveva fatto non si era riconosciuta.
Non perché si vedesse più bella o meno bella.
Neppure più giovane o meno giovane.
Semplicemente avvertiva un senso di estraneità con la ragazza che la guardava da quello specchio.
Era proprio quello sguardo a smarrirla.
Non era il suo quello sguardo.
E gli occhi...no! non erano i suoi quegli occhi.
I suoi erano grandi, ma con un taglio un po' all'insù.
E sprizzavano scintille.
E Vita!
Quel volgere un po' all'insù aveva fatto sì che i ragazzi l'avessero soprannominata "la Cinese".
E ora?
Ora guardava quegli occhi e non riusciva a riconoscerli: il taglio, quel taglio apprezzato da tutti era diverso, e lei lo aveva notato subito.
Quegli occhi che ridevano ancora prima della bocca, con quella risata aperta, un po' eccessiva a volte così senza freni, ma spontanea, arrivava subito agli altri. Ed era contagiosa.
Ecco, quegli occhi ora erano spenti.
Quella luce che le illuminava il viso, come un'aurea di allegria, dov' era finita?
E quella tristezza chiusa lì, in fondo a quello sguardo, ora allontanava.
E tutto cambiava.
Angi si sentiva come stretta dentro quella famosa bottiglia di cristallo puro, trasparente, sincero come lo specchio della matrigna di Biancaneve: "ora non sei tu la più solare del Reame!"
Era questo che le diceva.
Da quella bottiglia poteva vedere tutto e tutti.
Ma quella trasparenza era solo per lei, al suo interno.
All'interno di quella sua prigione di cristallo.
Quella che conteneva la sua anima.
Fuori, gli altri vedevano solo una bottiglia di ferro spesso, resistente, con un tappo chiuso, sigillato.
Non vedevano niente.
Non andavano oltre.
Non capivano nulla.
Ciechi, a ciò che invece vedeva lei.
E poi c'era quel lungo collo stretto da superare, e risalire, per uscire, diventare libera.
Troppo lungo e troppo stretto quel collo di bottiglia, perfino per una come lei, così minuta e sottile.
Perché si faceva sempre tante domande? PERCHÉ?
Perché se sapeva già che tanto le risposte non c'erano.
Aveva ragione quel suo amico di un tempo, quando le ripeteva: "tu pensi troppo Angi".
Ma era anche vero che loro due ragionavamo sempre in maniera opposta: lei Scorpione, lui Acquario, ascendente acquario.
Eppure stranamente, forse proprio per quella assoluta diversità, si compensavano.
Lui aria: aria leggera, fresca, di quella che se la respiravi a fondo ti riempiva i polmoni di ossigeno.
Lei acqua: Scorpione.
Acqua profonda.
Acqua che scendeva sempre a cercare gli abissi.
Con quella testa sempre in movimento, senza tregua in quell'inseguire risposte, ipotesi, possibilità, se certe parole, certi fatti, erano verità o bugie.
Misteri da risolvere insomma.
Sempre un po' frenetica in quella sua disponibilità.
In quel volerci essere per gli altri, sempre.
Lei, orgogliosa come nessuno, non sapeva accettare l'orgoglio degli altri.
Ma era anche dolce Angi.
Profondamente intensa e dolce.
Generosa nel suo darsi.
Sapeva quanto gli era costata in passato quella dolcezza, quella sua comprensione eccessiva.
Così aveva deciso di indossare una maschera.
Una maschera per proteggersi.
Per non rivelarsi.
Una maschera a volte un po' ironica, altre dura, o indifferente.
Così capitava che gli altri credessero alla maschera.
O forse era più semplice crederlo.
E si allontanavano.
L'ultima persona che aveva incontrato l'aveva ferita più di chiunque altra.
Perché si era fidata.
E quando lei si fidava, ecco... era fiducia totale!
Se qualcuno conquistava la sua fiducia, era per sempre.
Quel credere, arrivava fino al fondo di quel pozzo senza fine chiuso nel suo essere.
Non era stato come nel passato, dove la differenza di carattere tra lei e l'amico dell' acquario era evidente.
Quindi visibile.
Veritiera perché non nascosta.
Poteva difendersi da quella diversità: sapeva sempre chi aveva di fronte!
Questa volta invece era stata tradita nella fiducia.
E tradirla nella fiducia era sbucciarle il cuore.
Renderlo "senza pelle".
Ricordava parole che esprimevano sentimenti profondi.
Questo quando aveva rappresentato, per l'altro, una novità da sfidare.
Poi?
Bè, poi gli eventi erano mutati.
E tutto era cambiato.
Quegli imprevisti che trasformano una "passione" in un niente.
Un niente che non aveva saputo trasformarsi neppure in amicizia.
Quel famoso amico immaginario che aveva creduto avesse preso finalmente vita, era svanito nel nulla.

Cosa devo fare? si chiedeva Angi.
Se sono troppo gentile, mi calpestano.
Se troppo onesta nel mio esprimere un sentimento, mi tradiscono.
Se troppo dura, se ne vanno.

"Sii solo te stessa", rispondeva quella voce che sentiva sempre "dentro".
Dentro la sua testa.
Dentro il suo cuore.
Dentro il suo essere.
Dove abitava quella sua essenza priva di filtri.
Leale.
Senza inganni.

Cercava "il senso della vita" Angi.
Lo cercava da sempre.
Ma non riusciva a trovarlo.
Si chiedeva quale bigliettino avesse chiuso dentro il suo piccolo pugno, alla nascita, quel "bambino dagli occhi senza pupille" chiamato Fato.
O Destino.
Lui, come già scritto in un'altra storia, è quello che ti premia o ti fotte.
"Devo andare a cercarlo questo Senso della Vita" si ripeteva Angi.
Così prese una decisione.
Anzi, "la" decisione: sarebbe partita alla sua ricerca!
Senza più ripensamenti.
Perché per uscire da quella "bottiglia/prigione" doveva avere uno stimolo forte. Davvero FORTE.
Ed era questo lo stimolo giusto e forte: andare alla ricerca del Senso della Vita!
Sì concentrò.
Concentrò tutte le sue forze e le sue energie per uscire da quella prigione che si era costruita .
Dentro la quale si era infilata da sola.
Anno dopo anno.
Mese dopo mese.
Giorno dopo giorno.
Una prigione resistente ma anche fragile: era di cristallo in fondo, no?
Uscirne dipendeva solo dalla sua determinazione.
Così spinse.
Prima si avvolse bene intorno al suo abito leggero, e spinse forte contro un lato della bottiglia.
Tutto il peso del suo corpo leggero contro il lato rotondo del vaso.
E spinse.
Spinse con tutta se stessa.
La bottiglia vacillò un po', girò su se stessa, rimase per un po' in bilico sul lato dove spingeva e pesava la ragazza e... finalmente cadde a terra! E si spezzò.
Angi riuscì a non tagliarsi: era stata attenta a coprirsi bene prima di agire!
Solo qualche piccolo graffio: un pegno davvero minimo rispetto al premio ottenuto, a quell'obbiettivo raggiunto.
"E ora, coraggio! -si disse Angi-
vai alla scoperta di ciò che hai sempre cercato, e... TROVALO!"

Camminò a lungo Angi.
Mio Dio quanto cammino richiese quella ricerca!
Attraversò campagne, spiagge lambite da oceani, colline, montagne, vette innevate, deserti .....
E in quel cammino incontrò centinaia di abitanti di quei mondi così diversi, ma appartenenti tutti alla Madre Terra.
Nella campagna ricca di prati verdi e rigogliosi, di alberi antichi e maestosi, aveva aiutato un piccolo agnello che era caduto in un fossato, e non riusciva a risalire.
E si affannava a rimontare sulle zampe esili.
Saliva, alla ricerca di un terreno sicuro, ma poi ricadeva verso il fondo.
Angi sentiva il suo verso disperato, e seguendo il verso, aveva individuato l'agnellino.
Allungandosi con il corpo e le braccia verso di lui, era riuscita ad afferrarlo, e l'aveva tirato su con delicatezza.
Poi, tenendolo in braccio, girovagando un po', era riuscita a ritrovare la sua mamma.
Quella mamma che ora, strofinando la testa contro il suo braccio, le dimostrava la sua gratitudine.
Riprese risoluta il suo viaggio, per inseguire la sua ricerca.
Arrivò all'oceano.
Quell' oceano che era un susseguirsi di onde alte e violente, che si frangevano contro rocce e sponde.
Angi era rapita dall'immensità di quelle acque.
Vide in lontananza un pescatore che tirava con violenza la sua robusta canna da pesca dove, agganciato all'amo, c'era un "cucciolo" di delfino, davvero piccolo, ma con una disperata voglia di vivere!
E tirava quel piccolo delfino, tirava con tutte le sue forze cercando di togliersi quell'amo che gli feriva la bocca.
Ma che soprattutto feriva la sua libertà.
Inorridita da tanta inutile cattiveria Angie entrò in acqua.
Con ampie bracciate raggiunse il pescatore, e senza parlare ma guardandolo con disprezzo, afferrò l'amo.
Con delicatezza, lo sfilò dal muso del piccolo mammifero di mare che, prima di prendere rapido il largo, si girò verso di lei, con quella gratitudine per chi ti salva la vita.
Poi tornò a immergersi nella profondità di quel suo mondo fatto di acqua.
Quell'acqua che si adatta a ogni forma, ma che nessuno può fermare.
Era felice di ciò che era avvenuto, Angi.
Si sentiva strana.
Una sensazione di benessere mai provata.
Di pienezza.
Ma non voleva che questo fatto fermasse il suo obbiettivo.
Così riprese il cammino.
Le dolevano un po' le gambe, e aveva già cambiato scarpe, ché le prime si erano già consumate.
Aveva portato nel suo zaino pochissime cose: un grosso maglione per proteggersi dal freddo, una gonna leggera, un jeans, una canotta per un'eventuale giornata calda, un giubbotto anti pioggia, e quattro paia di scarpe solide, robuste, comode.
Si riposò per la notte dentro un anfratto dal terreno reso morbido da un'erba folta.
All'interno un clima piacevole, né caldo né freddo.
I primi raggi di un bel sole che stava sorgendo la svegliarono.
Uscendo dalla grotta, dopo un breve cammino, vide un ruscello che scorreva tra due sponde.
Sì lavò più volte il viso, grata della freschezza di quell'acqua che le dava nuovo vigore.
Poi riprese il cammino.
Quanto camminò Angi?
Tanto, davvero tantissimo questa volta.

Camminò come non mai, sempre più determinata e motivata da tante nuove esperienze.
Attraversò vallate, boschi che si diramavano in sentieri, e i sentieri in strade polverose.
Finalmente, dopo giorni e giorni di marce snervanti, di notti in ripari di fortuna, vide di fronte a sé una spiaggia sterminata.
Anzi, sterminata era riduttivo, perché in realtà non si scorgevano confini.
Non scogli, né rocce, non alberi, né cespugli, non colline, né prati.
Solo sabbia.
Sabbia e basta.
Sabbia sconfinata a perdita d'occhio.
Era ciò che si chiama Deserto, ma che Angi non aveva mai visto.
Camminò guidata solo da quel desiderio d'incontrare quel "senso della vita" che la spronava ad andare avanti, e le dava quella forza.
Quella determinazione e quella forza che solo un desiderio ostinato, quel qualcosa agognato da sempre, cercato con fede, voluto con tenacia, permette di affrontare ogni sfida.
E non mollare mai.
All'improvviso, in mezzo a quel "nulla", vide uno strano animale.
Era un cammello.
Non sapeva dire se fosse un piccolo di animale o già adulto, talmente magro e debilitato da non avere età.
Angi intuiva la sua sete, la sua disidratazione, soprattutto dalle "gobbe" sopra il dorso , totalmente sgonfie e vuote, vuote di ogni possibilità di vita.
Si ricordò di avere portato con sé, dentro il suo zaino, una piccola scorta d'acqua.
Capiva che, se voleva idratare davvero l'animale, avrebbe dovuto donargli tutta la sua acqua senza tenere nulla per sé.
Senza indugi tirò fuori la scorta del prezioso liquido che accostò alla bocca del cammello, il quale bevve con un'avidità quasi disperata, commovente perché mai vista.
Sentì il suo cuore ancora più pieno.
Non sapeva di cosa, cosa fosse.
Una sensazione mai avvertita prima.

Ma era stanca Angi.
Troppo.
Davvero troppo per continuare.
Nel frattempo si era ritrovata in un boschetto con tanti alberi.
Ne cercò uno con un tronco largo, robusto, con una folta chioma che proiettava una bella ombra.
E sotto quell'ombra si sedette.
Il busto contro il tronco.
La braccia a stringere le gambe piegate, rannicchiate contro il busto.
La testa piegata, il mento contro il petto, mentre dagli occhi sgorgavano lacrime calde, lacrime "piene", a gocce grosse.
Lacrime da troppo tempo trattenute. Accompagnate da singulti profondi, quasi a squassare il petto.
Non aveva trovato il "senso della vita"!
Tanto tempo, tanta fatica, per nulla! All'improvviso sentì uno strano calore. E una luce ad avvolgerla.
Poi una musica: un'armonia lieve, dolce, quasi impercettibile.
Alzò il capo, sgranò gli occhi, le labbra socchiuse per lo stupore...
Chi era quello strano essere di fronte a lei?
Una specie di fantasma fatto di luce.
Ma nella luce si delineava anche un viso dal contorno appena accennato.
Come se contenesse solo occhi e sorriso.
Gli occhi erano immensi, fatti solo di anima, o per meglio dire, come lei immaginava fosse fatta l'anima.
E un sorriso, di quelli che ti entrano dentro.
E riempiono "l'attimo" rendendolo eterno.

-"Sei felice Angi? sei finalmente felice?" chiese l' essere simile a un'ombra di luce.

-"Come faccio ad essere felice, Entità sconosciuta?
Ho cercato con tutte le mie forze di realizzare il mio unico sogno: cercare il Senso della Vita.
E non l'ho trovato!"

- "Possibile Angi che tu non l'abbia ancora capito?
Che tu non ti sia resa conto del significato di tutto ciò che ti è capitato durante il tuo percorso?
Ti ricordi dell'agnellino caduto dentro il fossato, e che tu hai salvato e riportato alla sua mamma?
E del piccolo delfino che hai liberato dall'amo del pescatore crudele, non ti rammenti?
Infine, l'ultimo incontro, quello avvenuto nel deserto, con il povero cammello che stava morendo per la sete, con le gobbe sgonfie, prive di acqua, a cui hai donato la tua scorta, quella che serviva a te ... non ti ricordi?
Possibile che non ti rendi conto che è QUESTO il Senso della Vita?!
Il Senso della Vita è l'incontro con gli altri, è l' aiutare chi è in difficoltà, è la gratitudine che ricevi in cambio, è quel senso di pienezza che hai provato ad ogni esperienza, che ti ha arricchito l'anima.
Quella pienezza che ti ha restituito la forza per andare avanti, ogni volta di più.
Che ti ha ridato fiducia.
Parlo di tutto ciò che rende LIBERI !
Non hai capito Angi che è QUESTO, e solo questo, il Senso Della Vita
?!"

Angi abbracciò d'impeto, l'entità che le appariva come un'ombra di luce. A differenza di un'ombra, però, ne percepì la consistenza, la forza, la sicurezza che le trasmetteva nel restituirle quell'abbraccio.
Ripensò alle parole di quella specie di Mago, e capì.
”Sentì" finalmente nella sua mente, nel suo cuore, nella sua anima, in tutto il suo essere, quel "Senso Della Vita" pulsare in lei, come un cuore.
Un cuore gonfio di gratitudine e di consapevolezza.
Tutto ciò che aveva cercato da sempre, era stato stato sempre in lei. Dentro di lei.
Quel viaggio così estenuante era comunque servito: l'aveva aiutata a trovare risposte.
E quel Senso della Vita che non aveva compreso fino a quel momento.

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