L'addio. Secondo Franco Battiato. Secondo me. Secondo la psicologia.

Ho letto una breve frase, che è quasi una poesia, scritta da Franco Battiato insieme al filosofo Manlio Sgalambro.

Ve la propongo perché tratta l'argomento di cui oggi voglio parlarvi: " L' Addio ".
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"QUIETE DOPO LA TEMPESTA".

"Verrà un nuovo temporale e
finirà l' estate,
la quiete dei colori autunnali
a riflettersi sulle strade e sugli
umori,
come il dolce malessere dopo
un addio.
Poche le cose che restano alla fine."
(Franco Battiato - Manlio Sgalambro) .
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"Verrà un nuovo temporale e finirà l'estate".
Temporale che segna la fine dell'estate.
Ricordo che era così quando ero piccola: verso ferragosto, o pochi giorni dopo, era facile che avvenisse un improvviso violento temporale.
Di solito era preceduto da una giornata in cui una nuvola veniva spesso raggiunta da un'altra.
A quella poi se ne aggiungevano ancora, nere e gonfie di pioggia, fino a coprire il cielo e il suo azzurro.
Quell' acquazzone intorno a Ferragosto segnava la fine dell'estate.
Adesso il clima è un po' impazzito, non segue schemi, regole più o meno precise.
Le stagioni classiche, e cioè Primavera, Estate, Autunno, Inverno, erano sì contrassegnati da date d'inizio, ma soprattutto da oggettivi cambiamenti di clima.
Il susseguirsi delle stagioni si avvertiva davvero quando si davano "il cambio", dalla primavera fino all'inverno.
Per poi riniziare.
Dopo l'inverno, in primavera l'aria diventava gradualmente, giorno dopo giorno, più tiepida, sempre più lieve, dolce come una carezza dopo un forte schiaffo.
Il cielo, di un colore prima sempre grigio, iniziava a rischiararsi, tingersi con azzurri tenui, come pennellate di acquerello.
Un sole timido, anch'esso di un giallo delicato adeguato a quell'azzurro, faceva capolino tra nubi soffici come panna montata. E poi le rondini.
Che meraviglia le rondini!
Quelle rondini che in città non si vedono più.
Quelle di Dalla, che descriveva così bene in una sua canzone:

"Vorrei girare il cielo come le rondini, e ogni tanto fermarmi qua e là.
Avere il nido sotto i tetti al fresco dei portici..."

Ora tutto è cambiato.
Quella era la realtà che vedevo da bambina, un mondo dove la natura aveva ancora tanti colori.
Almeno, il mio mondo era così.
Poi, certo, il clima in primavera non era ancora stabile, non definito, perché era una stagione di passaggio in attesa dell'estate.
Ma l'estate arrivava.
Puntuale e fantastica!
Io vivevo in attesa dell'estate.
Letteralmente: accettavo l'inverno perché sarebbe arrivata la primavera. E poi l'estate.
L'estate di quel sole deciso.
Delle vacanze che dovevano essere assolutamente trascorse al mare.
E quando finalmente arrivava il gran giorno, quello in cui potevo andare in spiaggia e correre verso il mare, ci entravo proprio dentro a quel mare, e rimanevo lì, con l'acqua che rigorosamente doveva arrivare non oltre le ginocchia!
Perché, sapete, la mia mamma era molto apprensiva, e voleva vedermi sempre.
Senza mai togliere lo sguardo.
Senza mai perdere di vista quella bimba minuta e sottile come una silfide, con uno slip sempre arricchito di "frappe" e piccole pieghe per farla apparire meno magra.
Ma a quella bambina importava solo guardare l'immensità di quel mare, volgere lo sguardo a quella distesa increspata di onde, dando le spalle alla spiaggia.
Gli occhi persi all'orizzonte, spingendo lo sguardo il più lontano possibile, fino a intravedere quella linea che divideva il mare dal cielo.
Tutto era azzurro, certo, ma le tonalità di quell'azzurro, molto diverse.
Le pennellate di Madre Natura, in assoluto la più grande Artista della Terra, erano intrise di blu, di verde, e di oro, quando aveva dipinto il mare.
Per il cielo, invece, aveva usato più colori a seconda del momento: che sorgesse l'alba, o che fosse l'orario abbagliante del mezzogiorno, e del primo pomeriggio.
Che fosse il tramonto, e infine la notte.
Quindi, i colori che usava per ogni evento erano praticamente tutti: dal blu al viola, dall'arancio al rosso, dal verde chiaro a quello scuro sottobosco, con tutte le possibili sfumature di ognuno di quei colori.
Fino all'oro.
Io amavo molto l'autunno, per quei suoi colori difficili da definire.
Gli adulti dicevano che era strano che a una bambina piacesse tanto l'autunno.
Io stavo in silenzio, ma pensavo che quegli adulti avessero gli occhi, ma non sapessero "vedere".
O forse non sapevano guardare.
Allora è vero che si vede bene solo con il cuore, come diceva la volpe al Piccolo Principe.
Io andavo a cercare le prime foglie che cadevano dagli alberi.
Non parlo di quelle già così secche e fragili, di un triste colore marrone, che appena le toccavi si sbriciolavano tra le dita. No!
No, parlo di quelle ancora un po' carnose, che l'inizio dell'autunno aveva lasciato quasi intatte, ma che aveva donato loro incredibili sfumature ramate, insieme al giallo, e ai residui di verde.
Il tutto con riflessi dorati.
Allora le portavo a casa, le mettevo sul tavolo della cucina dove disegnavo, le posavo su di un foglio, e con una matita passavo intorno al profilo.
Poi mettevo tutta la mia passione ed il mio entusiasmo per riprodurle il più simile alla realtà.
Dell'inverno invece adoravo solo il Natale, e la neve.
La neve aveva la capacità di farmi sognare, però subito, appena scendeva a ricoprire ogni cosa con il suo candore, prima che anche una sola orma potesse intaccare quella magia. E il paesaggio diventava fiaba.
Allora sì era sogno!
Vi ho raccontato delle stagioni, quelle mie.
Ma ora torniamo a Battiato e alla "sua" di stagione.
............

Quella racchiusa nella frase di Franco Battiato è una metafora sul cambiamento.
Il temporale, per sua natura violento e improvviso, irrompe e crea un cambiamento:

"verrà un nuovo temporale e finirà l'estate".

Tutto cambia.
E dopo tanta luce arrivano i colori autunnali: "come il dolce malessere dopo l'addio".
È quello che trasforma il dolore in consapevolezza.
Quella "quiete dopo un addio" è come la quiete dopo la tempesta.
Il cambiamento che ci indica Battiato è di "trasformare un addio in un nuovo inizio".
È un bell' insegnamento.
Soprattutto "sano".
Quello che evita certe sofferenze che diventano distruttive quando una persona non si rassegna a un addio che sa vivere unicamente come abbandono, come perdita che in quel momento appare l'unico "oggetto significativo" della propria vita. Fino a farlo divenire una vera ossessione.
Ma è molto difficile da mettere in pratica, perché ci sono i ricordi.
Difficile utilizzare i ricordi nel modo giusto, cioè senza rimpianti né rancori.
Bisognerebbe, al contrario, ricordare che ciò che è stato ha avuto valore, così da accettare e riconoscere che ogni fine fa parte della vita.
Al termine dell'estate, così come a quello di un amore, Battiato scrive:
"poche le cose che restano alla fine".
Ma restano i ricordi, che diventeranno parte di noi.

C'è un detto popolare che dichiara: "si chiude una porta e si apre un portone".
Forse è così, ma è vero che è difficile chiudere certe porte, perché spesso sembrano già dei portoni, e ti sembra impossibile possa esisterne uno più grande di quello che si è appena chiuso. E comunque non te ne importa nulla che esista o meno.
Una volta ho avuto un legame di amicizia importante, fatta di mille affinità, di valori e interessi simili, di grande fiducia, ma spesso anche di difficoltà nel discutere senza fraintendersi.
Capita a due caratteri ugualmente forti: possono scontrarsi facilmente!
Ma anche riappacificarsi altrettanto facilmente, così almeno pensavo.
Una volta, dopo una delle nostre litigate in cui mi sentii particolarmente incompresa, gli scrissi d'impulso un messaggio: "Addio".
Mi rispose: " sei sicura? perché addio è una parola che conta".
Una frase breve, ma che mi fece riflettere, proprio per quella verità così semplice: addio è una parola che conta.
Una parola che non bisogna usare con leggerezza, senza convinzione, ma che a volte lo si fa per rabbia, per impulsività, per reattività a qualcosa che ci ha ferito in una maniera più profonda di altre.
Eppure io sono una persona che, per carattere e professione, dò molto peso alle parole che mi vengono rivolte, ma ancora di più a quelle che rivolgo io.
Alla fine ho chiesto scusa.
L'altra persona, invece, quando poi si è allontanata per sempre, lo ha fatto e basta: senza alcun addio.
Una contraddizione o poca coerenza? forse.
Ma comunque aveva avuto ragione: addio rimane una parola che conta, al di là di tutto!
La vita è fatta di stagioni: se è vero che l'estate non dura per sempre, la malinconia autunnale invita a guardarsi dentro, con dolcezza e consapevolezza.
La consapevolezza che ogni stagione ha un senso, proprio perché destinata a finire.
Addio, quindi, ma solo come trasformazione in un nuovo inizio.
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