Alessandro Baricco. Per concludere


Diamo un'occhiata ora agli ultimi tre brani di Alessandro Baricco, quelli che ho scelto.

Ne abbiamo visionati diversi nei post precedenti, tutti tratti dal romanzo "Oceano Mare", sicuramente il più letto e conosciuto.
Li ho scelti in base a quello che ho apprezzato e "sentito" io per intensità, e in parte, anche per "affinità " e "rispecchiamento", cercando -per questo motivo- di trarre alcune mie considerazioni di carattere psicologico.
A differenza del brano tratto dal romanzo Oceano Mare, al quale ho dedicato più spazio, questa volta riunisco le ultime tre frasi di 3 diversi romanzi nel medesimo post.
Questo per l'analogia che ho colto nel significato, o meglio nel "cuore", di ciascuna delle 3 frasi.
......

1-"Lo vedi il destino? Tutto è già scritto eppure niente si può leggere.
(Castelli Di Rabbia)

CONSIDERAZIONE.

Può sembrare banale nella sua assoluta verità questa frase, eppure non è esattamente così.
Tutti noi esseri umani siamo convinti che "tutto sia già scritto": nel cielo, o nel destino.
Ce lo ripetiamo spesso quando le cose non vanno per il verso che desideriamo, ad esempio quando ci rendiamo conto di essere impotenti rispetto agli accadimenti della vita.
E siamo impotenti proprio perché, anche se nel Grande Libro Della Vita tutto è già stato scritto, sappiamo di non poterlo leggere.
Forse è il suo mistero a dare quel senso di precarietà, ma nel contempo, è proprio quel mistero e quella precarietà a renderla così preziosa.

............

2-" È uno strano dolore morire di nostalgia per qualcosa che non vivrai mai."
("Seta")

CONSIDERAZIONE.

Non si muore quasi mai di nostalgia, però è vero che è uno "strano" dolore quello che si percepisce per qualcosa che sappiamo non vivremo mai.
Perché strano?
Ecco, anche se razionalmente, per motivi oggettivi, per impossibilità di fatti e situazioni, abbiamo la consapevolezza che quel "qualcosa ", che sia un fatto, una situazione, una persona, non la vivremo mai, la speranza sopravvive perché è un germoglio con radici profonde.
E queste radici si diramano in ogni nostra cellula.
Difficilissime da sradicare.
Credo quindi che sia umano, e quindi facile e ricorrente, coltivare in un minuscolo angolo della mente e del cuore, l'idea illusoria che forse...forse qualcosa accadrà!
E allora cambierà il percorso dell'inevitabilità di quel: "non si vivrà mai".
Che sia un meccanismo di difesa per non soffrire troppo, o che sia credere con forza e con passione nella Vita e nella sua imprevedibilità, saranno quella forza e quella passione che potranno trasformare una "v" minuscola in una "V" maiuscola.
.............

3- "È una cosa strana. Quando ti accade di vedere il posto dove saresti salvo, sei sempre lì che lo guardi da fuori. Non ci sei mai dentro. È il tuo posto ma tu non ci sei mai.'
("City")


CONSIDERAZIONE.

Ecco la terza frase.
Vi avevo anticipato che avevano una tematica in comune come sottofondo, giusto?
Ed è così.
È quella speranza che trasformiamo in possibilità che contiene in sé una forte potenzialità di ottenere "quella cosa".
Quella cosa che desideriamo così fortemente di avere.
E la desideriamo con tutte le nostre forze.
Quella che ci farebbe vivere.
VIVERE davvero intendo!
Che è quel "succhiare il midollo della vita" di cui vi ho già accennato nel post precedente.
Ricordate le parole di Thoreau?
...
"Sbaragliare tutto ciò che non era vita. Per non scoprire in punto di morte che non avevo vissuto."
...
Ma ci vuole coraggio per farlo!
Non parlo di egoismo o di incoscienza, parlo di CORAGGIO.
Spesso si dà la priorità a una quotidianità che non stupisce più, che non esalta ma neppure spaventa.
Fatta anche di momenti belli certo, ma sempre "dentro" quella serenità che non riserva sorprese.
Decisamente diversi dai brani che abbiamo analizzato nelle frasi di Bukowski per quel suo essere sopra le righe, ma anche in quelle più pacate, eppure con un' intensità quasi "densa", che si percepisce in quelle di Baricco.
È questa la vita più desiderata.
Invece spesso si sprofonda in una sorta di tran tran, dove quel tran tran ha un richiamo onomatopeico al dondolio che provoca un treno che scorre sulla sua rotaia, sempre la stessa, con poche deviazioni, che spesso concilia il sonno.
E dopo anni l'abitudine a questo rende inconsapevoli, e "inghiotte" silenziosamente come sabbie mobili.
Qualcosa di tranquillo, certo, ma la vita è anche altro.
È vivere sensazioni che accendino la fantasia, e con lei volare in alto con la mente e con l'anima, e raggiungere vette che fanno il solletico alle stelle in un cielo di notte.
È cavalcare arcobaleni per colorare l'anima, di arancio e di violetto, di indaco e di rosso, per poi tingersi il cuore di tutti i colori possibili.
Eppure il più delle volte il tran tran ha la meglio.
Non conosco il motivo.
Timore del non conosciuto?
Pigrizia?
Abitudine che diventa tranquillità, o rassegnazione?

"È una cosa strana. Quando ti accade di vedere il posto dove saresti salvo, sei sempre lì che lo guardi da fuori. Non ci sei mai dentro. È il tuo posto ma tu non ci sei mai."

Ecco, forse è questo.
È così che Alessandro Baricco con la sua sensibilità, e quella capacità innata di descrivere con poche parole apparentemente semplici, completa con questo ultimo brano il mio pensiero.
A volte ti capita di vedere il posto che ti potrebbe salvare.
Sai che è "Lui" perché lo riconosci: è quel posto che guardi sempre da fuori.
Come fanno i bambini quando osservano, con gli occhi sgranati e la bocca aperta, una magnifica torta piena di panna, e di cioccolato, e di ciliegie candite, dietro il vetro di una pasticceria.
Lo riconosci perché lo hai sempre guardato.
Ma non ci sei mai entrato in quella "pasticceria".
È quello il tuo posto.
Ma tu non ci sei mai.

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