Un viaggio nel mistero della mente. Una storia vera

 



Dedicato alla "Ninfa dei Boschi".

All' "àncora" della mia infanzia, della mia adolescenza, e del mio essere una giovane donna fino a che è rimasta con me.
Nella mia vita.
Dedicato a te mamma🌹

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Mari tenne gli occhi chiusi.
Non li apriva mai subito al risveglio: prima doveva mettere ordine nella sua testa.
Ordine a quel guazzabuglio di sensazioni, residui del sonno, flash di immagini, volti e luoghi sconosciuti, che le davano il senso del nulla.
Le capitava continuamente da bambina quella sensazione.
Per periodi lunghi: settimane che diventavano mesi, e i mesi si prolungarono nei diversi anni a venire.
Da bambina le faceva un effetto strano: non era esattamente paura, era più confusione, o meglio, smarrimento.
Alla mattina, al risveglio, andava dalla mamma e provava a spiegarle quella sorta di "mondo altro" che viveva di notte, ma era davvero complicato spiegare rendendolo credibile.
Inoltre la mamma era una persona così talmente concreta, immersa com'era in una realtà dove non c'era spazio per altro che le mille incombenze di mamma, moglie, casalinga, da portare a termine.
Così diversa da lei per carattere, e nessun sogno da rincorrere: non ne aveva il tempo con quella famiglia di 5 persone a cui dedicava ogni momento della giornata, ogni suo pensiero, ogni sua attenzione.
Sì, diversa da lei che, al contrario, viveva soprattutto all'interno della sua fantasia, come un mollusco quando si rintana dentro, nel fondo più fondo della sua conchiglia, attaccata fino ad aderire a quel fondo, per sentirsi al sicuro, per proteggersi, e isolarsi così dalla diversità di chi la circondava, facendola sentire sbagliata.
Quella sua mamma adorata, bella come una ninfa dei boschi, che appena lei iniziava a raccontare le sue stranezze, i suoi "misteri misteriosi" cercando le risposte, la bloccava con un: "insomma Pia (sì, perché in famiglia era questo il suo nome: Pia) basta con questa tua fantasia priva di limiti! Prima o poi ti porterà dei guai se non impari a tenerla a freno."
Lei allora rimaneva in silenzio, la guardava con quello sguardo che da irrequieto, ansioso, quasi elettrizzato da quell' urgenza del voler raccontare, diventava un po' perso, si svuotava di quei luccichii che la curiosità per la vita accendeva. E si spegneva.
Come un fuoco d'artificio quando, dopo avere illuminato il cielo di infinite scintille colorate, che si aprono come fiori, poi si esaurisce di colpo.
E il cielo, di colpo, torna buio.
Era consapevole che ciò che le accadeva, era estremamente difficile da credere.
Quello che lei "vedeva" con gli occhi della sua mente, occhi che erano sempre così tremendamente allertati, e sensibili, e rapidi, era difficile da spiegare.
Quegli occhi che sapevano andare talmente lontano dalla dimensione che viveva, da quella quotidianità che in quei momenti svaniva, come "inghiottita" da un buco nero, da un "oltre", da quel confine che -se attraversavi- lasciava spazio ad una dimensione totalmente altra.
Oltre quell'oltre.
E quel confine lei lo attraversava ogni notte.
Era allora che le piombava addosso la consapevolezza che era impossibile crederle.
Era sola, profondamente, inesorabilmente SOLA.
Una sensazione di solitudine senza rimedio.
Che non c'erano appigli ai quali aggrapparsi, aggrapparsi con forza, con tutta la forza delle sue braccia esili, attenta a non perderlo quel "gancio", o sarebbe scivolata via per sempre.
Lei invece voleva rimanere lì, lì dove c'erano tutte le persone che amava, i suoi genitori, le sorelle, gli amici di ogni giorno.
Ma soprattutto, lì, dove c'era la mamma
Era lei il suo "gancio".
Lei la sua àncora per non perdersi.
Quell'àncora che teneva vicina a sé, in quella sua piccola imbarcazione che era quella sua strana testa, con la quale poteva viaggiare.
Quel suo magico battello che sapeva uscire dalle acque turbinose di quella realtà che le stava stretta, per alzarsi, darsi quello slancio, e volare tra le stelle come quella di Peter Pan.
E quando voleva tornare giù, in mezzo agli altri, sapeva di avere quell'àncora per fermare il suo viaggio.
E scendere per tornare.
Ed era ancora quell'àncora l'unica cosa che la teneva con i piedi ben piantati sulla terra, lei che le insegnava a "camminare", perché sapeva bene che a quella sua irrequieta bambina veniva più facile volare.
Era questo la sua mamma.
Se non le credeva lei, lei che era il suo rifugio, chi mai avrebbe potuto prestarle fede?
All'improvviso capì che era inutile insistere.
Che doveva tenersi quelle sensazioni che lei sapeva essere certezze, verità, altrimenti alla fine l'avrebbero presa per una piccola pazza.
O, peggio, nessuno le avrebbe più dato fiducia, e questo per lei sarebbe stata la punizione più grave.
Il fatto era che ... cavolo come si poteva riuscire a spiegare ciò che le accadeva?
Ecco ... succedeva quando era in quella fase intermedia, sì insomma, quando la sua mente viaggiava in un "luogo sospeso", lì, quando si trovava tra la veglia e il sonno.
Intendiamoci, non stava sognando perché non stava dormendo...NO: era sveglia!
Non come durante il giorno, certo, mentre era a scuola, o a fare i compiti, o ad aiutare la mamma, quello no.
Era come entrare in una dimensione diversa, una zona di confine, anzi no, era come se lo attraversasse quel confine.
Così si ritrovava tra la vita che stava vivendo, e un'altra che non conosceva, ma quando l'attraversava, la riconosceva!
Lo so che è strano da spiegare.
Come si chiamava pure quella cosa che aveva visto in quel film di fantascienza?
... Ah, sì, ecco: teletrasporto!
Come se, non si sa per quale magia, venisse teletrasportata in una vita che in quel momento era la sua, o era stata sua.
Che non sapeva se fosse una vita in cui entrava ogni notte, attraverso qualche passaggio spazio/temporale, né se appartenesse al presente, o a una vita vissuta in un altro tempo che diventava presente.
In ogni modo, né nel primo caso né nel secondo, c'era qualcuno della sua famiglia.
Non la mamma, non il papà, non le sorelle: NESSUNO!
Ma soprattutto, in quell'altro luogo, sapeva di NON conoscere nessuno dei suoi cari.
E il risveglio era angosciante!
Non quel momento "altro", appena lasciato, perché in quel momento altro stava bene lì, perché -in quel momento- "lì" era il suo posto.
È tutto vero, nessuna fantasia, e ancora oggi non so spiegarmelo.
E con ogni probabilità non riuscirò mai a spiegarmelo, perché ci sono cose che bisogna accettare così come sono, nel loro mistero, senza volere né cercare risposte.
Libere di essere.
E lasciarle andare.

.........
Se lo vedo da psicologa penso subito al ricordo come processo cognitivo complesso, che coinvolge tante aeree del cervello.
I ricordi non sono MAI copie esatte di eventi del passato, ma costruzioni incomplete che sono influenzate sempre da emozioni, o distorsioni.
Influenze causate da interferenze, o emozioni spesso negative.
Se ci ripenso, "quella" era in effetti un'emozione spesso negativa per me.
Mai dimenticata evidentemente, se questo ricordo mi è tornato alla mente così all'improvviso, di colpo, come un evento traumatico, e perciò, forse, inconsciamente rimosso.
È durato tanto quello che vivevo come uno strano passaggio tra la vita che stavo vivendo e l'altra, quella che mi apparteneva solo di notte, in quel breve e stretto passaggio che divide lo stato di veglia dal sonno.
Che si confondono, e poi si uniscono e si fondono.
Quel luogo non luogo che al mattino scompariva lasciandomi quel "nonsenso" che piano piano il risveglio, e la luce del giorno, inghiottiva come un buco nero.
È durato forse dai 5 anni fino alla preadolescenza.
Un tempo abbastanza lungo per mettere radici in me, nella mia memoria.
Non è quello che in psicologia si chiama "falso ricordo", no, di questo ne sono certa.
Il falso ricordo deriva da una ricombinazione di invenzioni, suggestione, o ricordi parziali.
In pratica un deficit della memoria che cerca di compensare creativamente i vuoti, e per ricostruire le informazioni mancanti va alla ricerca di spiegazioni plausibili generando così il falso ricordo.
Ma non è questo il mio caso.
Rammento bene anche oggi quella vita altra che s'introduceva, aspettando la notte, nella mia mente, dietro i miei occhi chiusi, che -come rivolti all'interno- erano spettatori attivi che mi proiettavano dentro quella vita che riprendevo dal punto lasciato la notte precedente.
Dove mi guardavo vivere in quello spazio/tempo in cui ritrovavo quella Mari che abitava luoghi e persone che "lì" , e solo lì, conosceva e riconosceva.
Non so se sono riuscita a farvi capire, non dico il fatto, a cui tutt'oggi non do una spiegazione, ma l' accadere di questa esperienza durata a lungo a cui non pensavo da tantissimo.
Solo in questo ultimo anno, a volte, raramente, si ripropone.
Ma in maniera brevissima, pochi istanti: un viso, un luogo, la sensazione di un istante che subito sparisce, o caccio via.
Forse nella nostra testa c'è il "Tutto".
Tutto ciò che crediamo normale e paranormale, reale e irreale, concreto e irrazionale, verità e autoinganno, sonno e sogno.
Un mio docente della facoltà ci diceva: "conosciamo solo un 20% del nostro cervello, e neppure tanto bene".
Forse non è neppure così importante conoscere tutto, anzi, il viaggio della vita è il più affascinante in assoluto proprio per il suo mistero.
Vi ho raccontato questo fatto personale per tranquillizzare chi ha, o ha avuto, un'esperienza simile.
Voglio dire che, nel periodo che va dall'infanzia alla preadolescenza, possono capitare sensazioni particolari, senza per questo motivo spaventarsi o ritenerli sintomo di problematiche importanti.
Importante, invece, è verificare caso per caso: l'intensità del fatto, o se genera un'ansia che sveglia provocando paura o panico.
L'infanzia e la preadolescenza è un periodo di trasformazione, e la mente, sollecitata da tante sensazioni nuove, diventa una sorta di "fucina" dove ogni informazione si plasma e si mescola alla fantasia, creando forme strane, affascinanti, che superano perfino certe opere dei surrealisti più famosi, o dell'arte pittorica più "visionaria".
Accettiamola così, dunque, questa vita: come una serie di diapositive che si alternano velocissime.
Immagini dai colori, dalle forme, e dagli "effetti" più strani.
La Vita, insomma, come Sogno nel Sogno, nel Sogno....
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Nota:
è gradito un commento o il racconto di una esperienza simile.

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