La saggezza delle favole - L' usignolo vero e quello meccanico

 

C'era una volta un potente imperatore della Cina il quale, avendo letto in molti libri che nel suo Impero esisteva un usignolo dal canto meraviglioso, ordinò ai suoi cortigiani di portarglielo a ogni costo.
Quelli cercarono da ogni parte, ovunque nel regno, ma niente.
Introvabile.
Solo una ragazzina che lavava i panni al fiume, li condusse in un bosco poco lontano, dinanzi all'albero dove il piccolo uccello aveva il nido.
L'usignolo fu così condotto al Palazzo Imperiale, e canto' con una tale dolcezza, che l'imperatore pianse di commozione, e tenne il piccolo volatile con sé, trattandolo con tanta gratitudine e ogni riguardo.
Un giorno, però, l'imperatore del Giappone inviò come regalo all'imperatore della Cina, un bellissimo usignolo meccanico tempestato di brillanti.
Bastava muovere una molla e quello cantava una canzone intensa e bellissima, solo che quella canzone non variava mai.
All'imperatore, comunque, piacque moltissimo e si mise ad ascoltarlo ogni giorno, e in ogni momento in cui ne sentiva la necessità.
L'usignolo vero, allora, visto che non era più utile nella Reggia, fuggì via.
Ma la vita è imprevedibile.
Dopo qualche tempo l'imperatore si ammalò, e i medici consultati dichiararono che gli rimaneva poco tempo da vivere.
Nella solitudine della sua imponente stanza vuota, il potente sovrano iniziò a pensare a tutte le cattive azioni commesse in vita, e ne provo' un immenso rimorso.
Nel delirio, gli apparve la Morte, che lo guardava con un ghigno orribile, seduta ai piedi del letto come aspettasse il momento per carpirlo.
Terrorizzato da quella visione pregò l'uccellino meccanico di alleviare quegli ultimi istanti con il suo canto, per la gratitudine di tutti i benefici di cui era stato oggetto, ma quello rimase immobile, impassibile, muto ad ogni sua preghiera.
Una sera in cui l'imperatore era ormai quasi incosciente e prossimo alla fine, dalla finestra socchiusa giunse a lui un canto dolcissimo, più di quanto lo ricordasse.
Era l'usignolo della Foresta, accorso accanto a colui che aveva pianto la prima volta che aveva sentito il suo canto.
A quella meravigliosa melodia la Morte si allontanò, consapevole che lì non era più il suo luogo.
L' imperatore, sentendosi giorno dopo giorno sempre più in salute, tornò a regnare con forza e bontà, consapevole che nessun meccanismo, nessuna imitazione, avrebbe mai potuto comparare ciò che esiste in un essere vivente: l'Anima.
E con l'anima, che risiede nel cuore, quella capacità di provare certi sentimenti profondi e autentici, che restano e oltrepassano il tempo.
E rimangono per sempre radicati nella memoria e nel ricordo.
....................
Ho usato questa bella fiaba, un po' particolare, per introdurre un argomento che di fiabesco ha poco.
Ma si sa: è il mio modo per difendermi, per potere poi affrontare quelle realtà che non mi piacciono.
Per arrivare a questo devo "aggirare" questa realtà, facendola arrivare al mio mondo parallelo, ed entrarvi attraverso la Fiaba.
Oppure attraverso i racconti, le leggende, le infinite fantasie, o ancora, riflessioni personali. Mantenendo sempre la parte scientifica della mia professione, con il maggior scrupolo possibile.
Sappiamo tutti che la tecnologia sta facendo passi da giganti.
E parlo di quei GIGANTI talmente rapidi nel loro evolversi, che non troviamo ancora descritti in alcuna fiaba.
Dove le orme lasciate dai loro "passi" sono sempre più impressionanti.
Parliamo della robotica e degli androidi nello specifico.
La sempre maggiore somiglianza tra gli androidi e gli esseri umani, per aspetto e capacità, rivela più informazioni sull'essere umano.
Gli androidi occupano sempre più spazio su ruoli sociali simili ai nostri.
Il confine tra androidi e umani, sta diventando sempre più pericolosamente sottile.
Un androide chiamato "Alter", è stato creato per emulare non solo l'aspetto, oggi a volte difficile distinguere il vero dalla macchina, ma anche i gesti e i movimenti degli uomini.
Ho letto la definizione dove viene descritta la differenza tra uomo e macchina.
Riporto esattamente:
"Gli esseri umani hanno la capacità di comprendere le situazioni e di comportarsi di conseguenza.
Al contrario la macchina non ha questa capacità.
Mentre gli umani si comportano secondo coscienza, le macchine si comportano come viene loro insegnato."
...................
Ecco, allora, come è comprensibile e consequenziale riportare alla Fiaba de "l'usignolo vero e quello meccanico".
Okay, forse è una maniera tutta mia, trasversale, per arrivare al "cuore delle cose ", e lo faccio appunto usando il cuore, che rimane l'organo più riconosciuto da tutti come il più "concreto" per rappresentare qualcosa di troppo spirituale, per riuscire ad "afferrarla", com' è appunto l'Anima.
Per questo, cuore e anima, quasi sempre, quando si parla nel tentativo di spiegare un sentimento od un' emozione, spesso le confondiamo, fondendole in un' unica "cosa".
La Fiaba che vi ho riportata nel post rappresenta, con estrema chiarezza, e più di qualunque formula scientifica, la differenza tra l'uomo e la macchina, dove l'essere umano è rappresentato da un usignolo.
Ma l'essenza del suo significato più profondo è il medesimo, e non cambia.
Forse (ma non sono convinta di questo) il loro canto era così simile da apparire alle orecchie dell'imperatore, e alla sua gioia nell'ascolto, ugualmente soavi. Forse, ripeto.
Ma alla fine, quando l'imperatore sta per morire e il suo ultimo desiderio è udire di nuovo il canto del piccolo volatile, non è quello meccanico a rispondere.
No, assolutamente NO.
Lui rimane immobile, muto, nella sua bolla dove non penetra e non trova spazio alcun sentimento, né di gratitudine né di amore.
Sarà l'usignolo vero, colui che per quell'amore che nasce solo da un essere vivente -anche se si tratta di un piccolo uccello dal canto soave, ma vivo e vero- accorrerà al capezzale dell'Imperatore salvandogli così la vita.
Mi è piaciuta molto questa Fiaba, per la naturalezza con cui racconta una grande verità.
Con estrema semplicità e chiarezza.

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