A proposito di "spine"

Eccomi.

Sono qui per proporvi un racconto, una piccola fiaba piena di intenzioni e con un significato profondo, qualcosa di speciale a mio avviso.
Vi dico subito che non l'ho scritta io, a differenza della quasi totalità di fiabe e racconti che avete trovato sul blog o, se siete nuovi lettori, troverete.
Mi piacerebbe dire che è mia, perché per me è talmente ricca di mille significati, che vorrei esserne l'autrice.
Ma non è così.
L'ho ritrovata per caso tra le "bozze" in email, perché quando qualcosa mi colpisce, la metto lì per custodirla e non perderla.
L'autore del breve racconto è padre Andrea Panont.
L'ho riletta, e mi ha colpita: mi è sembrata perfetta per i tempi di oggi, quelli che tutti stiamo vivendo, o per meglio dire, subendo.
Per il relazionarsi non sempre facile, non sempre "autentico" tra le persone, e anche, o forse soprattutto, per questi "venti di guerra" che spirano ovunque, così vicini da esserne travolti.
Proprio come accade con certe trombe d'aria, che all'improvviso ti investono, ti risucchiano, ed è allora che si rimpiangono certe brezze gentili che accarezzano pelle e cuore.
Ma mi sono già dilungata troppo.
Ecco a voi questo breve e intenso racconto, che poi cercherò di interpretare.

....................

LA FAVOLA DEL RICCIO.

Durante l'era glaciale molti animali morirono per il freddo.
I ricci se ne accorsero e decisero di unirsi in gruppo e aiutarsi.
In questo modo si proteggevano, ma le spine di ognuno ferivano i compagni più vicini che davano calore.
Perciò decisero di allontanarsi, ma iniziarono a congelare e a morire.
Così capirono che, o accettavano le spine del compagno vicino, oppure sparivano dalla faccia della terra e morivano in massa.
Con saggezza decisero di tornare tutti insieme.
In questo modo impararono a convivere con le piccole ferite che un compagno vicino può causare, dato che la cosa più importante era il calore dell'altro.
E in questo modo sopravvissero
Le relazioni migliori non sono quelle con delle persone perfette, ma quelle nelle quali ogni individuo impara a vivere con i difetti degli altri, e ad ammirarne le qualità.
..........

INTERPRETAZIONE

Bella, non credete?
Soprattutto così vera nella sua semplicità da stupire.
Le spine, che per natura rivestono il corpo dei ricci, sono ben visibili a tutti.
Corpi piccoli e rotondi che sarebbero innocui se non fossero rivestiti di aculei, fitti, duri, estremamente pungenti, e quindi pericolosi.
Eppure questo non li protegge da tutto, perché nella vita esistono situazioni ed eventi che non possiamo prevedere né, soprattutto, controllare.
Così come avviene appunto durante l'Era Glaciale del racconto, periodo in cui i piccoli mammiferi si vengono a trovare.
Lo stringersi tra loro per scaldarsi, provocavano ferite date da quelle spine.
Così si allontanano l'uno dall'altro, ma così iniziano a morire per il freddo.
Compresero allora che, se non volevano essere sterminati, dovevano imparare a convivere con le piccole ferite che ognuno provocava all'altro, ma che il calore che si trasmettevano e la sopravvivenza, valevano il piccolo sacrificio.
Eccomi arrivata al punto: quante spine abbiamo noi esseri umani?
Tante, alcuni ne hanno davvero troppe!
La differenza è che le nostre sono invisibili agli occhi, ma non meno dannose e pungenti agli altri.
Che, in modo diverso dai ricci, è facilissimo ferire chi ci è vicino, o chi vorrebbe starci vicino ma, a volte, quelle spine invisibili hanno la capacità di fare del male in modo molto più profondo e doloroso di quelle dei piccoli mammiferi.
Le spine degli esseri umani hanno tanti nomi, tutti con valori negativi: si chiamano egoismo, orgoglio, arroganza, superbia, senso di superiorità, indifferenza, mancanza di sensibilità, egocentrismo, superficialità... e diventano spine.
Ma, a differenza degli animali, noi abbiamo voce per parlare, per consolare, per spiegarsi, per scusarsi, per dire "ti voglio bene", con tono sincero e vero.
Così come abbiamo braccia per stringerci senza ferire.
Se lo vogliamo ovviamente, solo se lo vogliamo, con quella volontà che ha come base l'affetto e il desiderio di vivere in pace.
Ancora di più questo discorso vale per il periodo che stiamo vivendo nel quale, come già scritto, i venti di guerra spirano e "spingono" con una violenza tale che io, come tanti altri che non hanno mai vissuto una guerra, sento premere con forza inaudita.
Allora perché?
Perché non imparare a convivere ognuno con le proprie spine, sapendo accettare quelle dell'altro?
Anche perché l'alternativa sarebbe sparire dalla faccia della Terra, come per quei ricci!
Se l'hanno compresa loro questa assoluta verità, perché noi essere umani con la nostra presunta intelligenza, in grado di ragionare, non siamo capaci di prenderne atto?
Che il calore che ci possiamo e sappiamo trasmetterci, se lo vogliamo, val bene qualche piccola ferita!
Ed è assolutamente vero che le relazioni più stimolanti e intense non sono quelle con le persone così dette "perfette", se mai ne esistono, ma con chi magari ha difetti, e fragilità, e lati del carattere spesso in contrasto con il nostro.
Ma il confrontarsi, se costruttivo, fa crescere.
Poi insieme ai difetti ci sono le qualità, quelle che piacciono, che ci arricchiscono, che danno quel calore che ben compensano le piccole ferite provocate da momentanee incomprensioni, scontri che sanno diventare incontri.
È così che si impara a vivere insieme e, soprattutto, in PACE.
Questa fantastica parola per la quale bisogna lottare, e venirsi incontro, empatizzare, e comprendere le diversità con l'altro, cosa a volte non facile.
Per non rimpiangere, quando è troppo tardi, questa Pace che diamo per scontata.
Noi ci siamo adesso, in quel "qui ed ora" della vita: NON dimentichiamolo.
Prendiamo esempio dai piccoli ricci...

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