Riflessioni sul desiderio
Molto tempo fa, lessi un articolo di giornale che parlava del desiderio.
Diceva così, e lo riporto esattamente come dal testo:
Diceva così, e lo riporto esattamente come dal testo:
"L'etimologia più importante della parola è affascinante: de-siderium, e indica il punto morto che si crea nel cielo quando cade, o sembra cadere, una stella."
Desiderio quindi come vuoto da colmare.
E questo bisogno, questa necessità che è di tutti gli esseri viventi, è originato quindi da una mancanza, un'assenza, un vuoto appunto, che vuole essere colmato.
Una necessità per vivere, come un assetato in un deserto ha bisogno di bere, o come chi non riesce a respirare ha bisogno di ossigeno.
Ovviamente, affinché non sia un sentimento ancora più astratto di quanto non sia, dobbiamo dargli dei contorni, definirlo, concretizzarlo in qualche modo: attraverso il pensiero ad esempio, uno di quei pensieri che vengono chiamati "sogni ad occhi aperti".
Questi sogni sono formati in realtà di visualizzazioni ad occhi chiusi, perché è attraverso gli occhi della mente che avvengono, e gli occhi della mente non hanno confini se non quelli della capacità di ognuno di lasciargli spazio, meglio ancora, di riuscire ad allargarli questi spazi il più possibile.
Parlo del limite o "dell' illimitato" della propria fantasia, di quella capacità soggettiva di "creare sogni", cioè immagini di azioni da compiere con il nostro "compagno immaginario".
Sì, perché per me il desiderio non è fatto di beni materiali, di meravigliosi abiti da indossare, di lussuose case da possedere.
Per intenderci, non è quello che Giovanni Verga esaltava con il termine "roba". NO.
No no, il desiderio è quello che si prova verso una persona altra da noi.
Ed è attraverso questa persona che si possono aggiungere altri desideri: come fare il viaggio della propria vita, condividere eventi, vedere le mostre più belle dei pittori più amati per poi discuterne, ammirare un paesaggio, un sole che sorge o che tramonta, un cielo stellato che rapisce lo sguardo e il cuore come capitava a Van Gogh, il mio pittore preferito.
E, ovviamente, c'è il desiderio fisico per l'altro da noi.
Se rimaniamo sul tema del desiderio come lo considero e intendo io, e come -spero- di essere riuscita a trasmettere, rimango nella dimensione di qualcosa che va oltre a una soddisfazione che si placa e termina con la fine del rapporto, ma di una fusione con l'altro che sia e comprenda un TUTTO: non solo la punta dell'iceberg quindi, ma anche il suo sommerso che è molto più profondo e radicato.
Che completa quindi ogni riflessione fatta sul significato più vasto di questa parola.
Tante piccole/grandi anelle a formare una collana a volte corta altre di lunghezza infinita.
Desiderio come emozione insomma.
Emozionarsi insieme mentre ci si tiene per mano per sentirla scorrere quell' emozione, perché quel "passaggio" dal corpo e dall'animo dell'uno scorra e fluisca in quelli dell'altro.
Da bambina avevo un "compagno immaginario", come quasi tutti i bambini direte voi.
Bè...no...non esattamente.
Perché con lui condividevo tutto, tutto ciò che se avessi comunicato ad altri avrebbe fatto dire -con quello sguardo che conoscevo bene- scuotendo la testa: "è proprio una bambina strana questa...speriamo che crescendo cambi, che sia un po' più concreta".
Sono cresciuta e sono diventata estremamente "concreta", se concreta significa affrontare.
Affrontare sempre, affrontare i cambiamenti, quelli non belli ovviamente, andare avanti a testa bassa senza mollare mai.
Ma "dentro", bè, dentro quei "desideri" sono rimasti.
A volte si sono rivelati delusioni per una come me, una assolutamente certa che ogni deserto debba nascondere un pozzo inesauribile di freschissima, dissetante, acqua.
Spesso questo è normale che avvenga se rivestiamo quel desiderio di tutti i nostri vuoti da riempire, ma è sbagliato.
I vuoti della propria anima nascono dal passato, da un tempo troppo lontano che quasi sempre appartiene all'infanzia, o a quel tremendo passaggio che si chiama adolescenza e che confina con la prima età adulta.
A quelli bisogna guardare con tenerezza, imparare a riempirli un po' alla volta, senza pretendere di colmarli di colpo fino ai bordi.
Al contrario occorre innaffiarli con una piccola goccia alla volta, come si fa con un fiore che cerca di farsi largo in un terreno arido: occorre prima ammorbidirlo quel terreno, per non farlo morire quel piccolo, tenace, temerario, impavido fiore.
Lasciare morire un sogno è come tagliare le piume ad un uccello.
O peggio ancora ad un Angelo.
È uccidere la possibilità di volare.
Come ho letto in quell'articolo:
"...la condizione del desiderio, come ogni condizione umana, oscilla tra due opposti: proprio in quanto ha a che fare con un elemento di vuoto, suscita nel soggetto un impulso positivo: nello spazio incandescente del desiderio si confrontano finito e infinito, possibile e impossibile, realtà e utopia. "
Io credo che sia indispensabile custodire il proprio desiderio come una gemma nel cuore, bisogna amare quell'assenza, così come il cielo mantiene e protegge quel vuoto che lascia la propria stella quando attraversa lo spazio immenso che l'ha ospitata, mentre precipita.
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