Palla di Ghiaccio - Interpretazione

 


Passiamo ora alla fiaba di "Palla di Ghiaccio".
Il protagonista, in questo caso, non è una persona in carne e ossa, no.
È, per l'appunto, un pupazzo di neve a cui le tre ragazzine che l'hanno costruito hanno dato il nome di Palla di Ghiaccio.
Ho usato -forse d'istinto- un personaggio non reale a cui però ho dato un' anima che, come tale, ha la capacità di provare emozioni.
Quindi, anche la paura.
Potrebbe sembrare, a una prima sensazione, che ciò che prova Palla di Ghiaccio sia ansia.
Ma andiamo per gradi e spieghiamo cosa caratterizza l'ansia e cosa la differenzia dalla paura.
L' ansia è anch'essa un'emozione, ma di tipo secondario.
È una reazione emotiva anticipatoria, cioè generata da valutazioni su un evento che si teme possa accadere, quindi ipotetico, futuro, non presente, e neppure imminente.
Mentre l'oggetto della paura è reale, quello dell' ansia è temuto, frutto di previsioni negative che potrebbero accadere oppure no.
Questa definizione sembrerebbe aderire perfettamente alla paura di sciogliersi di Palla di Ghiaccio perché, nel momento in cui la prova, non accade niente che possa intaccare la sua "solidità", quindi la sua vita.
La differenza è che la sua paura non è priva di realtà: Palla di Ghiaccio sa bene che la stagione sta cambiando, conosce alla perfezione -con "quell'anima umana" ricevuta per Magia- che l'inverno sta lasciando il posto alla primavera.
Avverte che l' aria è meno gelida e più mite.
Che i raggi del sole, seppure ancora tiepidi, stanno acquistando forza e calore.
La sua, quindi, non è ansia anticipatoria, ma consapevolezza di un' inevitabilità della sua fine imminente, che rende oggettiva la paura per qualcosa che si verificherà realmente.
E' la stessa consapevolezza di noi esseri umani.
Ma c'è una seconda interpretazione da valutare in questo racconto un po' fiabesco: l'incapacità di godere del momento di felicità, di cogliere l'attimo.
Quel "carpe diem" così magistralmente spiegato dal Professor Keating nel film "L' Attimo Fuggente", che non mi stanco mai di guardare, fosse solo per riascoltare il discorso che fa ai suoi studenti a inizio del corso accademico, e al messaggio che contiene.
"Cogli la rosa quando è il momento che il tempo lo sai, vola! e ogni fiore che oggi sboccia domani appassirà."
È una frase di Walt Whitman.
Keating spiega ai suoi giovani studenti, figli di famiglie importanti degli anni 50, quindi inibiti e bloccati nella loro natura di adolescenti da una rigida educazione, che il senso ultimo della vita è proprio quello di spingerci a cogliere l'attimo, e rendere straordinaria la propria vita.
E aggiunge:
"molti uomini hanno una vita di quieta disperazione, non vi rassegnate a questo!"
Poi cita un'altra frase tratta da "Walden -Vita nei Boschi" di Thoreau:
"...andai per boschi perché volevo vivere con saggezza e in profondità, succhiando il midollo della vita, e per non scoprire in punto di morte che non ero vissuto."
Perché ho tanto approfondito il tema di quell' attimo da cogliere, e soprattutto le frasi di Whitman e di Thoreau su quel "carpe diem"?
Perché la vita a volte ci offre qualcosa di meravigliosamente imprevisto, ma che per le proprie abitudini (quella "quieta disperazione"), il timore di destabilizzarle, la paura del nuovo, rifiutiamo scordandoci che "siamo cibo per vermi" come ricorda Keating ai suoi ragazzi.
Perché è proprio questo il rimpianto che prova il nostro Palla di Ghiaccio mentre si sta sciogliendo: di essere stato troppo preso dalle sue paure per viversi fino in fondo i momenti di felicità.
Alla fine di lui non rimarrà che un cilindro di cartone rosso argento, qualche sassolino, una carota, e un ramo di agrifoglio ormai appassito.

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