Per tutti coloro in cerca di se stessi




Storia di un'Ombra senza Identità


Si era trovata lì, all'improvviso.

Lì dove, vi chiederete.

Lei non lo sapeva. Non sapeva cosa fosse quel luogo.

Non sapeva proprio cosa fossero "i luoghi", così, in genere.

Si sentiva "esistere". All'improvviso sentiva di "essere".

Si guardò attorno e vide tanto verde. E un profumo di fresco e di buono.

E strane creaturine intorno. Riusciva a comprendere il loro linguaggio.

Qualcosa di piccolo, colorato e leggiadro, le disse:

"io sono una farfalla, tu chi sei, e perchè sei trasparente?"

Lei non sapeva cosa volesse dire essere "trasparente".

E non sapeva cosa fosse una farfalla, le appariva solo come qualcosa di molto leggiadro e gentile.

"Non so perchè sono trasparente. Non so cosa significhi essere trasparente".

"Significa che sei come un'ombra. Non sei definita. Non hai corpo. O meglio si vedono i contorni. Il perimetro del tuo corpo. Credo tu sia una ragazza. E il tuo corpo - se diventasse più consistente - bello io credo".

"E come faccio a diventare corpo, se sono ombra?"

"beh...io non lo so. Credo tu debba chiederlo al saggio del Bosco. Perchè, se non lo hai capito, è in un bosco che ti trovi"

"E dove posso trovare questo Saggio", chiese l'ombra.

"Tu cammina e lui ti troverà". Detto questo volò via con grazia indicibile.

La piccola ombra era angosciata. Non sapeva per quale misterioso evento si fosse ritrovata lì. E non sapeva se fosse quello il suo posto.

Venne la notte. E nel buio assoluto, tanti occhi a osservarla. Tanti fruscii.

Poi, di colpo, il silenzio. Un silenzio assoluto. Assenza di tutto.

Tremava. Ed era come un fluttuare.

Voleva lasciarsi scivolare via. Non voleva un corpo.

Voleva ritornare da dove era venuta. Anche se non sapeva quale luogo fosse...

Si addormentò stremata. Un tocco lieve la svegliò.

Vide solo una lunghissima barba bianca, e due occhi dove dentro c'era il tempo dei tempi.

"Piccola ombra, sono io il saggio del Bosco.

Tu devi trovare il tuo elemento se vuoi una identità. Se vuoi diventare corpo."

"Come faccio a sapere qual è il mio elemento - chiese l'ombra - tu lo sai, puoi dirmelo tu?"

"No. Tu sola puoi trovarlo.

Esistono solo tre elementi al quale un essere che si trovi in questo pianeta può appartenere: acqua, terra, aria. Cerca, e trova il tuo. Quello al quale senti di appartenere.

Puoi diventare un essere umano, o un animaletto, un insetto, o altro, se appartieni alla terra.

Un uccello o una farfalla o qualsiasi altra creatura che voli, se appartieni all'aria.

Un pesce, una stella di mare, un cavalluccio, o qualsiasi altra creatura che fluttui negli abissi, se appartieni all'acqua. Buona fortuna piccola ombra."

Sparì, esattamente come era apparso. Inutile disperarsi. E si mise in cammino. 

Attraversò boschi, deserti, montagne. Ma niente.

Si immerse nelle profondità degli oceani. Le piaceva quell'elemento.

Le creature che lo abitavano erano simpatiche, strane e misteriose.

Conobbe pesci immensi e strane stelle che camminavano con le punte, sul fondo del mare.

E affascinanti, bellissime creature, metà donna e metà pesce.

"E' questo il mio elemento - si disse la piccola ombra - mi sento a casa qui. Deve essere questo".

Ma appena formulato questo pensiero, una vocina le disse

"non è questo il tuo elemento, non sei dei nostri. Vattene via".

Si ricordò che aveva sentito la stessa voce sottile e un po' stridula quando aveva creduto di appartenere alla terra.

Si sentì persa. "Se non appartengo alla terra e non all'acqua, il mio elemento sarà sicuramente l'aria" così pensava.

Così scelse la vetta più alta. Era una vetta così alta da essere ricoperta dai ghiacci.

Chiuse gli occhi, aprì le sue braccia di nebbia, liberò la mente da ogni pensiero e...si lanciò nel vuoto. Sentì di fluttuare nell'aria. Scivolare via. Diventare lei stessa aria.

Una gioia immensa la pervase.

"E' questo il mio elemento" si disse "non può essere che questo."

Aprì gli occhi. Vide un uccello enorme vicino a sè.

Grandi ali semiaperte. Grande becco ricurvo. Grandi zampe con artigli che afferravano uno sperone della roccia.

Vicino un contenitore rotondo custodiva due uccelli uguali a lui.

Solo molto, molto più piccoli.

I becchi spalancati. Le piume come bagnate. Il verso stridulo.

La guardava ostile il grande volatile. Non sapeva se quello strano essere di nebbia potesse rappresentare un pericolo per i suoi piccoli.

"Io sono un'aquila reale - disse con tono cavernoso - non ti avvicinare o il mio becco farà, della tua forma di nebbia, brandelli da sparpagliare al vento, qualunque cosa tu sia."

Se fosse riuscita a fare trasparire tutta la tristezza che abitava in lei, forse perfino l'aquila le avrebbe regalato un atto gentile, forse perfino la sua amicizia.

Ma lei era come nebbia. Senza contorni. Senza corpo. Sola, con il suo mistero.

Percepì, allora, qualcosa scendere lungo il suo viso. Come un tocco lieve. Lo sfiorò con le dita.

E sentì.

Sentì tra le dita una sensazione simile a quella percepita in fondo all'oceano.

L'elemento acqua.

Non sapeva esistessero le lacrime.

Avvertì alle sue spalle una presenza. Si voltò piano, e vide la grande aquila.

Non era più minacciosa, anzi.

I suoi occhi acuti, ora, erano pervasi da una espressione che accese qualcosa dentro di lei.

Un calore dolce, rassicurante, mai provato prima.

L'aquila stava sfiorando, con le ali immense, tutto il suo essere trasparente.

Con una dolcezza, una tenerezza che nessuno le aveva mai rivolto.

E con le lunghe penne le asciugò le lacrime.

E all'improvviso qualcosa di straordinario accadde.

Si sentì travolta da un vortice che la sollevava verso l'alto.

E la trasportava in altro luogo.

Si ritrovò esattamente nel punto del bosco dove aveva incontrato il Grande Saggio.

Si percepì diversa. Si..."sentiva". Per la prima volta sentiva il suo corpo.

Ed era una sensazione incredibile. Di appartenenza.

Si guardò le mani, le braccia, i piedi, le gambe.

Si tocco il viso, seguendone con le dita i lineamenti.

Si strinse in un abbraccio, e sentì il suo corpo ricevere quell'abbraccio.

Ma soprattutto sentiva battere con passione qualcosa nel petto: il suo cuore.

E quel cuore le permetteva di gioire, e soffrire.

Di percepire paura, e coraggio.

Di rimanere a bocca aperta per la bellezza della natura che la circondava.

Sollevò gli occhi e...ma sì, era proprio lui. Il Grande Vecchio.

Il Saggio del Bosco.

"Piccola ombra - le disse con un sorriso che conteneva l'esperienza del tempo dei tempi.

Hai trovato la tua identità, visto?

Sei una creatura della terra. Una deliziosa giovanissima ragazza.

Hai attraversato la bellezza della natura, di ogni suo elemento.

Hai conosciuto i diversi stati d'animo dei suoi abitanti.

L'indifferenza, la diffidenza, l'ostilità di altri esseri.

Ma poi hai scoperto l'amore, e la consolazione, da chi non si fidava di te.

La comprensione, da chi non ti capiva.

La consapevolezza che a volte basta aprirsi agli altri.

E a non avere timore della propria fragilità.

Attraverso le tue lacrime e la tua gioia, hai acquisito la consistenza del tuo essere.

Il tuo cuore ti ha guidata nella tua ricerca.

Ora sai chi sei.

Ora puoi continuare il meraviglioso viaggio della Vita.

Non sei più un'ombra, ma una giovane ragazza.

Cammina la tua strada, piccola donna.

Io ti regalo il nome. Ti chiamerai Aurora.

Come l'inizio di ogni nuovo giorno."

E con queste parole scomparve. Esattamente come era comparso.

Ma ora, Aurora, poteva proseguire da sola il suo cammino.


Interpretazione

Prima di entrare nel campo della "identità" - metafora di questa fiaba - occorre una brevissima analisi del termine.

Trovare la propria identità è un processo di auto-rivelazione fondamentale per la propria sicurezza personale e autostima.

E' scoprire chi siamo, con i nostri valori, le nostre convinzioni, le nostre caratteristiche peculiari.

Chi sono Io?

E' la domanda che ci si pone principalmente dal periodo dell'adolescenza, processo fondamentale che si proietta nella giovane età adulta, ed è soggetta a continue revisioni.

La fiaba "Storia di un'Ombra senza Identità" è dedicata a tutti coloro che si sentono trasparenti agli occhi degli altri, quasi invisibili.

In una realtà dove "l'apparire" sostituisce sovente "l'essere", capita di provare questo stato d'animo, di non riconoscersi se non attraverso gli occhi dell'altro, dimenticando così che solo noi dobbiamo essere il "centro" di noi stessi.

Che solo guardandoci "dentro" possiamo trovare il "Saggio del Bosco" che è in noi.

E ascoltare quella voce che ci suggerisce le parole in cui possiamo davvero confidare e fidarci per capire chi siamo e ciò che valiamo.

All'interno di questa prima interpretazione della fiaba di questa piccola ombra che per capire chi è, a quale elemento della natura appartenga compie un lungo percorso dove incontra i vari abitanti della Natura che però la rifiutano, possiamo cogliere altro.

Vediamo ora la seconda possibile interpretazione della fiaba dove possiamo riconoscere lo stesso percorso compiuto da chi è affetto da un disturbo del comportamento alimentare (DCA), in particolare quello di tipo anoressico.

I disturbi dell'alimentazione ricorrono a un disagio che risulta altamente condizionato dall'attuale contesto culturale.

Questo disturbo - in continuo e costante aumento - sono la spia delle difficoltà manifestate da persone particolarmente vulnerabili ad affrontare le situazioni d'incertezza che caratterizzano la società contemporanea.

Patologie come l'anoressia e la bulimia quindi come immagine del nostro mondo, profilo del nostro tempo, rappresentazioni di sentimenti delicati, sensibilità, sensazioni, tumulti emotivi, che potrebbero diventare felicità, ma che le circostanze, il carattere, gli incontri, le condizioni di vita sociale e familiare possono reprimere e trasformare in dolore.

Una sofferenza che anestetizza e isola dal mondo.

Ricordo un piccolo libro contenente storie di anoressia e bulimia il cui titolo era "Angeli senza ali". E' un titolo indubbiamente suggestivo per definire le anoressiche, ma rischia di arricchire la malattia di un fascino pericoloso, rinforzando nelle ragazze sofferenti quel desiderio di "incorporeità" che inseguono caparbiamente, depistando da tutto quanto di pratico, realistico, ed estremamente materiale, c'è nella malattia.

Gli angeli non appartengono alla dimensione terrena, abitano "corpi di nebbia", invisibili a noi mortali.

Le ragazze anoressiche che girano per le strade delle nostre città, lungo i corridoi dei centri specializzati, che salgono le scale per suonare alla porta del mio studio, appartengono invece al mondo dei vivi.

L'età che hanno esige strutture solide, rivestite di tessuto e muscoli in grado di farle vivere e camminare con passo sicuro verso il futuro.

Esiste però un percorso verso la guarigione.

L'intento è quello di stimolare in loro il desiderio di liberarsi e di reagire.

Ben vengano quindi, strade, percorsi, sentieri alternativi quali essi siano: l'importante è insegnare loro a vivere la Vita.


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