Ghosting - Storia di Ondina

 Premessa

Cambiamo problematica con due fiabe che ho "inventato" e scritto per tutti coloro che subiscono, o hanno subito, un fenomeno molto diffuso oggi noto sotto il nome di "ghosting".

Le due fiabe si intitolano "Storia di Ondina" e "Il principe e la bambina dai cento sguardi".

Seguirà come sempre l'interpretazione delle due fiabe.

Storia di Ondina

Ondina era una ninfa.

Anzi, non esattamente: era una creatura indefinita.

Non era totalmente ninfa e non totalmente umana: era il frutto di due esseri provenienti da dimensioni diverse. 

Le varie entità che abitavano la Natura - come gnomi, gli elfi, le fate, le silfidi, le sirene, e altre creature magiche - narravano che lei fosse nata dall'unione tra una Ninfa delle Acque e un Essere Umano.

I suoi compagni erano quindi sia creature delle Terra di Mezzo che della Terra degli Uomini.

Fu così che Ondina, un giorno, incontrò qualcuno che gli entrò subito nel cuore come una luce, illuminandolo.

Conosceva spesso esseri nuovi provenienti dai luoghi più disparati, e ne era contenta: lei era empatica, ben disposta, socievole, ma anche attenta a ciò che "sentiva", alle sue sensazioni, e a quelle che le arrivavano dall'altro.

Questa persona, ad esempio, le suscitava fiducia e diffidenza insieme, come capitava quando si avvicinavano a lei con un atteggiamento che non riusciva a percepire con chiarezza.

A volte le diventava difficile capire il perchè di quella sensazione, tanto immediata quanto intensa e conflittuale.

Difficile da interpretare perchè, anche se a lei non piaceva, che non avrebbe mai voluto provare, si affacciava spesso.

E arrivava.

Suo malgrado arrivava a sorpresa, improvvisa, puntuale.

Senza chiederle il permesso la diffidenza dagli occhi "stretti", chiusi a fessura, vigili e attenti, le arrivava alle spalle bisbigliando alle sue orecchie ciò che lei non voleva ascoltare.

Che sbucciava il suo cuore, quel cuore che - al contrario - aveva voglia di credere, senza farsi domande: credere e basta.

Ciò che la metteva in allerta erano quei comportamenti a volte alternanti, difficili da collocare per le contraddizioni che avvertiva, e per questo conflittuali: delicatezza e durezza, orgoglio e disponibilità, rimproveri e gentilezze, intransigenza e comprensione.

Così era questo Uomo.

Eppure non poteva ignorare quella luce e quel calore immediato che aveva provato.

Ed era un mix che la turbava lasciandola perplessa.

Contemporaneamente però la incuriosiva e, proprio per questo, sapeva che poteva renderla vulnerabile.

E lei NON voleva, non voleva questo, non voleva diventare un bersaglio per facili frecce che sarebbero arrivate con precisione alla sua anima, facendola dissolvere come una nuvola spinta via e poi inghiottita da un vento ostile.

Ma soprattutto non voleva che l'ammirazione potesse trasformare la sua forza innata in debolezza.

Poteva apparire strano ma per Ondina questo era il suo unico fianco scoperto, in grado di eliminare la diffidenza e trasformarla in ammirazione.

E, da ammirazione a FIDUCIA il passo era breve: era credere senza mai dubitare!

Sapeva anche che credere senza mai dubitare l'avrebbe disarmata, minando così quella capacità di difendersi che le apparteneva da sempre.

Se dava fiducia era in maniera incondizionata.

Per questo la diffidenza aveva protetto da sempre la sua diversità.

No...nessuno che ricordasse era riuscito a suscitare quella "cosa strana" che sentiva nascere dentro come un germoglio che si faceva largo con forza e spingeva contro quella corteccia resistente: la scorza dura di quella diffidenza che la proteggeva.

Era una sensazione strana e delicata come il soffio lieve di quegli angeli di cui le raccontava la mamma quando era piccola.

Quegli angeli che passano di notte quando i bambini vanno a letto e - a quelli buoni - soffiano lievi sopra le ciglia socchiuse per addormentarli.

No, a lei non era mai capitato di farsi avvicinare da un uomo: la sua metà di ninfa li rifuggiva.

Ma - diverso da tutti - era la capacità di questo Uomo di darle la sensazione di essere compresa, quindi protetta e rassicurata da quel senso di diversità che percepiva di sè, per quel suo essere sempre "spezzata", con troppi frammenti, troppi colori, troppe "anime".

Non ne aveva esperienza. Eppure "sentiva" che doveva essere importante vedere negli occhi dell'altro - mentre lei parlava - accendersi una piccola luce che non si spegneva, non si spegneva mai.

E lei...?

Oh, lei avrebbe fatto lo stesso: avrebbe accarezzato i pensieri dell'altro con la stessa leggerezza degli angeli.

Avrebbe acceso anche altre luci, altre fiamme, altre emozioni a illuminare la notte di bagliori e fulgide stelle.

Voleva essere il pensiero di quell'Uomo.

Voleva essere il suo sogno.

Quello da bruciare, che si incontra solo una volta nello spazio del proprio tempo: che fosse quello di ninfa o quello di umana.

No...troppo rischioso!

Quella possibilità di condividere quel mondo che abitava in lei era impensabile.

Quel mondo composto di infinite fantasie, di immagini che gli occhi della sua mente producevano in continuazione.

Quegli occhi che, se li chiudeva, erano in connessione diretta con quella sua mente senza confini tra realtà e sogno.

Per questo Ondina si chiedeva spesso se una certa cosa l'avesse veramente vissuta o solo fantasticata.

Quale era realtà, quale sogno?

Come il nastro di un film che non segue alcun copione ma cambia sempre...mai uguale, sempre diverso.

Come l'acqua di un torrente che scorre, che scende da una montagna di neve incontaminata, pura, che si rinnova sempre.

E ancora altri colori, e suoni, e profumi, che - ora - potevano essere condivisi da chi finalmente sembrava esserle simile.

Due dimensioni parallele unite da un ponte immenso.

E solido. Senza falle o incrinature.

Luminoso come un campo di grano maturo e di gialli girasoli.

Ondina era certissima che quell'intesa, quel continuo raccontarsi, quel gioire nel ritrovarsi l'una nei pensieri dell'altro, nelle affinità dell'altro, in ricordi condivisi mai rivelati, sarebbe durato per sempre.

Perchè, seppur lontani, sentiva insieme all'altro il profumo della notte, di ogni notte.

E quello del vento, delle stelle, delle nuvole quando passano davanti alla luna, degli alberi che nel buio sono silenziosi, perchè il cinguettio degli uccelli di notte si acquieta, e poi si ferma.

E se quel profumo di quel "tutto" che è fuori, che passa attraverso i vetri di finestre chiuse, lontane, viene percepito nello stesso istante dall'altro...bè, allora...quel "per sempre" esiste.

Ed è quello che c'è alla fine di ogni fiaba.

Ma le fiabe fanno parte di quella dimensione che Ondina aveva abitato da bambina, che aveva condiviso con "l'amico immaginario" che solo da lei si faceva vedere.

L'unico capace di giocare con lei, scivolare lungo l'arco iridescente di colori di un arcobaleno, salire lungo il pendio di un vulcano ardente di fuoco che brucia ma senza fare male.

E ora quell'amico immaginario aveva preso corpo e forma, e si era concretizzato.

.Ondina ripensava a tutto ciò che avevano fantasticato insieme, in quel tempo condiviso, vissuto come un sogno, e che avrebbero potuto realizzare insieme.

Invece quella magia era svanita, improvvisa, rapida, silenziosa, senza avvisare, senza segnali, senza parole, senza rumore, senza verità, perdendola con stupore - così - per sempre.

Era stato tutto falso dunque.

Una immensa buglia, un inganno della mente e del cuore.

Quei sogni "creature della vana fantasia" come era scritto nelle tragedie che gli esseri umani sapevano narrare così bene.

Era stato questo dunque: una illusione.

Oppure quel sogno non avevano saputo stringerlo tra le mani con abbastanza forza, con tutta la forza che quel sogno meritava?

Provò una struggente nostalgia, in un punto dell'anima che non sapeva individuare.

Così, un giorno d'estate, chiamò l'Uomo ma nessuno rispose.

Lo chiamò con quanto fiato aveva in gola...ma niente!

Chiese aiuto al Signore di tutti i Venti perchè facesse arrivare la sua voce fino a lui...nessuna risposta.

Infine, come ultimo tentativo, cercò la ninfa Eco che le era amica.

Camminò a lungo per cercarla.

Si incamminò tra aspri sentieri lastricati di rovi, trappole, e ogni difficoltà che la natura a volte nasconde, perchè "lei" la magica Ninfa poteva trovarsi in qualunque luogo.

Ormai sfinita, i pedi nudi sanguinanti, la veste trasparente tessuta con la luce dell'alba e la nebbia del mattino, era strappata in più punti.

E dove la veste era strappata, la sua pelle di seta era solcata dai graffi delle spine.

Quando ormai non sperava più trovò Eco nel punto più lontano di una grotta profondissima.

Si inoltrò nella grotta fino a raggiungere Eco che le disse così: "pronuncia forte, con tutta la forza che hai, il suo nome, e io lo ripeterò per te per mille giorni e mille notti finché non risponderà. Solo se anche lui proverà lo stesso sentimento che tu provi, allora ti sentirà da qualunque luogo, da qualunque parte del mondo che sia reale o della fantasia, e ti risponderà".

Così Ondina lo chiamò.

Lo chiamò con tutta la forza della sua natura di ninfa e con quella di donna, metà magica e metà umana, in parte sogno e in parte realtà.

E la sua voce risuonò oltre le montagne, oltre le vette più alte, su su fino ai ghiacciai più inaccessibili.

Attraversò le infinite distese di sabbia dei deserti, i boschi fitti e impenetrabili, le vastissime praterie così immense che lo sguardo non riusciva ad arrivare ai confini.

Si inabissò nelle profondità dei mari e degli oceani, e scendendo si coloravano di ogni sfumatura di blu, di verde, di oro.

Eco, affranta, abbracciò forte Ondina poi sparì dietro il sospiro della brezza, tra i lievi lembi di nuvole per non riapparire mai più.

E Ondina direte voi?

Ondina capì che i sogni, almeno quelli che devono restare tali, non bisogna trattenerli, ma lasciarli andare per sempre in quel luogo non luogo.

Poi custodirli in una piega della memoria, del cuore, dell'anima, per ritrovarli se lasciati intatti dal tempo.

Avrebbe ricominciato la sua vita in modo diverso, completamente diverso grazie al regalo che quell'Uomo le aveva lasciato in dono senza saperlo, senza rendersene conto: la conoscenza di se stessa.

Una consapevolezza mai avuta.

La scoperta di quanto fosse profonda in lei la tenacia, e reale la forza.

Quanta radicata la sua determinazione e irriducibile la sua volontà.

Quanto incredibile la sua costanza quando credeva fortemente in qualcuno o in qualcosa.

Le aveva fatto scoprire che la fiducia in se stessi è più importante di quella in chiunque altro.

Che la vita va vissuta in ogni sua verità, ogni sua variazione, ogni suo imprevisto, ogni suo percorso, ogni sua emozione.

Affrontata in ogni tratto di strada si ponga davanti, che sia scorrevole o faticosa, facile o impervia.

Che sia liscia per l'anima o una asperità che fa male ma insegna. E spesso emoziona.

Viversi tutto perchè niente ritorna con la stessa intensità.

Perdersi e ritrovarsi in ogni alba, in ogni notte, in ogni blu stellato, in ogni arcobaleno.

Attraversare e camminare ogni deserto, così come ogni bosco fitto pieno di fruscii, di presenze che avverti ma non vedi.

In ogni cielo e in ogni mare, opposti tra loro ma ambedue azzurri.

In ogni dolore e in ogni gioia, in antitesi tra loro, ma che fanno ugualmente crescere.

E accorgersi di stare vivendo - o forse immaginando così intensamente - una idea, un pensiero, un sogno, da non distinguerli più dall'averli davvero agiti o solo fantasticati, ma non importa.

Perchè è comunque Vita.

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